L’ADDIO IN DIRETTA A SALVINI DELLA ISOARDI
DI MASSIMO NAVALa battuta é facile. C’é almeno un’Italiana che rinsavisce di fronte all’ondata inquietante di battute vomitevoli del suo ormai ex findanzato. A furia di spararle grosse, non ti crede piú nemmeno chi dice di volerti ancora bene. Ma, considerazioni politiche a parte, c’é davvero da piangere e da riflettere sul livello della nostra comunicazione, del nostro modo di raccontare il privato, sul bisogno di fare sapere con un post tutto ciò che ci capita. Beninteso, #Salvini é solo l’ultimo esempio. Fra i politici non si salva nessuno. Ma nemmeno fra tanti personaggi in altri campi. Pazienza se si tratta di attori e cantanti, vivono di pubblico, ma é davvero triste il meccanismo che spinge ognuno di noi “gente comune” a postare un fatto, bello o persino luttuoso, un luogo in cui si é stati, una festa o un incontro, come se l’emozione fosse data dal post stesso prima ancora di toccare la nostra sensiiblità. Viviamo di esibizione, il cellulare é il nostro specchio permanente da offrire al mondo, senza preoccuparci di fare sapere davvero chi siamo o di chiederlo a quanti ci inondano delle loro immagini, dei loro bambini, dell’ultima borsa o dell’ultimo week end, dei nuovi amori e degli ultimi addii. Facebook ha creato la piú grande comunità di esseri umani, tre o quattro miliardi di individui, che però non hanno niente in comune, se non la propria solitudine. Possiamo dialogare a migliaia di chilometri di distanza e far sapere i fatti nostri a un “amico” in Australia, ma non parliamo con i nostri amici, i nostri figli, i nostri famigliari. Si diceva che una telefonata allunga la vita, siamo sicuri che una chat la renda piú bella?
