EX CONSIGLIERE DI STATO USA: “ECCO PERCHÉ ABBIAMO UCCISO ALDO MORO”

EX CONSIGLIERE DI STATO USA: “ECCO PERCHÉ ABBIAMO UCCISO ALDO MORO”

Ci sono cose molto gravi nella storia recente d’Italia sospettate da sempre, ma sulle quali non si è mai voluto indagare a fondo né in via giudiziaria né tanto meno per quella politica. E chi ha cercato di far luce è stato subito messo a tacere con la facile accusa di rimestare nel torbido o di dare sfogo alla fantasia. Ma i sospetti rimangono e con il moltiplicarsi di questi la certezza che far luce completa sui tanti misteri di quella che è stata chiamata “la notte della Repubblica” ne avrebbe anche mutato la storia. Ciò vale anche se il pamphlet che segue, scritto nel lontano 8 marzo 2015 e riproposto oggi su Facebook dal sito del “comitato sinistra base per l’altezza”,  fosse da prendere con le molle. Lo scrittore Gianni Lannes, che lo pubblicò a suo tempo nel suo blog “Su la testa!”, è autore molto discusso, specializzato in retroscena politico-militari e su temi molto discussi, dai vaccini alle famigerate “scie chimiche”. Cercando una conferma del suo racconto, ho trovato però che  già nel 2013, due anni prima del commento di  Lannes, lo stesso Steve Pieczenik, consulente del Dipartimento Usa nel 1978 in materia di terrorismo, intervistato da Giovanni Minoli su Radio 24, aveva sostenuto di aver avuto un rapporto con le autorità italiane durante il sequestro di Moro da parte delle Brigate Rosse. Per attuare, aveva precisato l’ex consigliere di Stato USA, una “manipolazione strategica al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia”. Da rilevare anche che subito dopo la procura di Roma aveva ordinato l’acquisizione di quell’intervista. «A cosa possono portare le parole di Pieczenik – aveva poi commentato Minoli – bisogna chiederlo al pm Luca Palamara, titolare dell’ultimo procedimento aperto sul sequestro e sull’omicidio dello statista Dc”. Certamente, aveva proseguito il noto giornalista televisivo,  “le parole dell’ex consulente Usa, uomo cercato per anni dalla prima commissione Moro, portano con sé elementi innovativi….Quello che Pieczenik dice è abbastanza sconvolgente. Vengono i brividi a rileggere oggi la lettera inviata da Moro a Zaccagnini in cui parla di ‘forze estranee’”. (nandocan) ***diGianni Lannes, 8 marzo 2015 –“Con la sua morte impedimmo a Berlinguer di arrivare al potere e di evitare così la destabilizzazione dell’Italia e dell’Europa”.Così parlò nel 2006 Steve Pieczenik – il consigliere di Stato USA, chiamato al fianco di Francesco Cossiga per risolvere la condizione di crisi – in un’intervista pubblicata in Francia dal giornalista Emmanuel Amara, nel libro “Nous avons tué Aldo Moro”. Ancora prima, il 16 marzo del 2001, in una precedente dichiarazione rilasciata a “Italy Daily”, lo stesso Pieczenik disse che il suo compito per conto del governo di Washington era stato quello «…di stabilizzare l’Italia in modo che la Dc non cedesse. La paura degli americani era che un cedimento della Dc avrebbe portato consenso al Pci, già vicino a ottenere la maggioranza. In situazioni normali, nonostante le tante crisi di governo, l’Italia era sempre stata saldamente in mano alla Dc. Ma adesso, con Moro che dava segni di cedimento, la situazione era a rischio. Venne pertanto presa la decisione di non trattare. Politicamente non c’era altra scelta. Questo però significava che Moro sarebbe stato giustiziato. Il fatto è che lui non era indispensabile ai fini della stabilità dell’Italia». Queste dichiarazioni di un esponente ufficiale del governo statunitense (assistente del segretario di Stato sotto Kissinger, Vance, Schultz, Baker) sono di dominio pubblico da tempo. Il 9 marzo 2008, sono state riportate anche dal quotidiano “La Stampa” (“Ho manipolato le br per far uccidere Moro”) e non sono mai state smentite né da Cossiga né Andreotti. Ma allora, come mai la magistratura italiana, ovvero la procura della Repubblica di Roma, non ha mai convocato Steve Pieczenik? Proprio Pieczenik nei primi anni Settanta fu chiamato da Henry Kissinger a lavorare come consulente presso il ministero degli Esteri, con l’approvazione di Nixon. Quel Kissinger che aveva minacciato di morte Aldo Moro e che, ai giorni nostri, è stato ricevuto come se niente fosse da Giorgio Napolitano, quello eletto da onorevoli illegittimi, che ha piazzato ben tre governi abusivi, ossia Monti, Letta, Renzi, Gentiloni (sentenza della Corte costituzionale numero 1 del gennaio 2014) che il popolo “sovrano” non ha votato. L’ex vicepresidente del CSM ed ex vicesegretario della Democrazia Cristiana, Giovanni Galloni, il 5 luglio 2005, in un’intervista rilasciata alla trasmissione NEXT di Rainews24, disse che poche settimane prima del rapimento, Moro gli confidò, discutendo della difficoltà di trovare i covi delle BR, di essere a conoscenza del fatto che sia i servizi americani che quelli israeliani avevano degli infiltrati nelle BR, ma che gli italiani non erano tenuti al corrente di queste attività che sarebbero potute essere d’aiuto nell’individuare i covi dei brigatisti. Galloni sostenne anche che vi furono parecchie difficoltà a mettersi in contatto con i servizi statunitensi durante i giorni del rapimento, ma che alcune informazioni potevano tuttavia essere arrivate dagli USA: «Pecorelli scrisse che il 15 marzo 1978 sarebbe accaduto un fatto molto grave in Italia e si scoprì dopo, che Moro doveva essere rapito il giorno prima (…). L’assassinio di Pecorelli potrebbe essere stato determinato dalle cose che il giornalista era in grado di rivelare». Lo stesso Galloni aveva già effettuato dichiarazioni simili, durante un’audizione alla Commissione Stragi il 22 luglio 1998, in cui affermò anche che durante un suo viaggio negli USA del 1976 gli era stato fatto presente che, per motivi strategici (il timore di perdere le basi militari su suolo italiano, che erano la prima linea di difesa in caso di invasione dell’Europa da parte sovietica)gli Stati Uniti erano contrari ad un governo aperto ai comunisti come quello a cui puntava Moro: «Quindi, l’entrata dei comunisti nel Governo o nella maggioranza era una questione strategica, di vita o di morte, “life or death”… come dissero, per gli Stati Uniti d’America, perché se fossero arrivati i comunisti al Governo in Italia, sicuramente loro sarebbero stati cacciati da quelle basi e questo non lo potevano permettere a nessun costo. Qui si verificavano le divisioni tra colombe e falchi. I falchi affermavano in modo minaccioso che questo non lo avrebbero mai permesso, costi quel che costi, per cui vedevo dietro questa affermazione colpi di Stato, insurrezioni e cose del genere». La prigione di Aldo Moro, nel cuore di Roma, ovvero nel quartiere ebraico, ad un soffio da via Caetani dove il 9 maggio 1978, fu ritrovato il corpo senza vita dello statista, era ben nota al governo di allora (Cossiga e Andreotti). Il 16 marzo 1978, la strage di via Fani fu compiuta da uomini dei servizi segreti italiani. Era presente in loco il colonnello Guglielmi. Quei cosiddetti brigatisti rossi non sapevano neanche tenere in mano un’arma giocattolo, figuriamoci sparare con armi vere e assassinare due carabinieri e tre poliziotti. Mai come allora, gli apparati di cosiddetta sicurezza italiani, unitamente alle forze dell’ordine, mostrarono una così grande inettitudine voluta. I brigatisti grazie a una trattativa segreta con lo Stato tricolore sono oggi tutti liberi. Come se la spassano adesso Valerio Morucci (vari ergastoli), Mario Moretti (condannato a 6 ergastoli) e Barbara Balzerani? A proposito: le carte sulla vicenda Moro, in barba alla legge vigente, sono ancora sottoposte all’impermeabile segreto di Stato, nonostante i proclami propagandistici di Renzi.