BRASILE: LA CORSA DI HADDAD, SUCCESSORE DI LULA, CONTRO IL GOLPE PERMANENTE

BRASILE: LA CORSA DI HADDAD, SUCCESSORE DI LULA, CONTRO IL GOLPE PERMANENTE

Alla fine Lula ha ceduto: non parteciperà alle elezioni presidenziali di ottobre. O meglio, ha dovuto cedere. Il suo ricorso è stato ulteriormente rigettato e, per non danneggiare il Pt, il suo partito, dal carcere di Curitiba ha investito il delfino. A correre per la presidenza sarà Fernando Haddad (nella foto), 55 anni, di origini libanesi, avvocato e docente all’università di San Paolo, ministro dell’Educazione durante i governi Lula e Rousseff e sindaco di San Paolo dal 2013 al 2017. “La mia voce è la voce di Haddad” ha dichiarato Lula nel lanciare la candidatura del compagno di partito.Un candidato di spicco, insomma, e non la solita figura di secondo piano che tanti ex leader indicano alla propria successione, preoccupati che il nuovo che avanza possa fargli ombra. Ma la posta stavolta è troppo alta per cedere alla tentazione di un ego importante. È in gioco il futuro di un paese dove da due anni è in atto un golpe permanente. Un golpe di classe, iniziato il 31 agosto 2016 con la destituzione per impeachment (ma senza capo di imputazione) della presidente Dilma Rousseff e l’assunzione dei poteri da parte del suo vice, Michel Temer.Seconda tappa del golpe, impedire la candidatura di Lula per via giudiziaria, in nome di una legge contro la corruzione fatta valere solo per l’ex presidente. Nello scandalo “Lava Jato” (vedi ) sarebbe implicato lo stesso Temer, ma per lui la procedura di impeachment non è mai scattata.Nel frattempo, riconoscente, ha provveduto ad attuare quelle politiche che rispondono agli interessi in nome dei quali è avvenuto il golpe: blocco per 20 anni della spesa sociale per scuola, sanità ed edilizia popolare, privatizzazioni selvagge (compresa l’industria petrolifera di stato Petrobras), svendita alle multinazionali minerarie delle terre in Amazzonia, la riforma del lavoro che di fatto abolisce i contratti collettivi e quella previdenziale che farà lavorare i brasiliani praticamente fino alla morte. Provvedimenti ultraliberisti che sventolano il feticcio della creazione di posti di lavoro, ma che non hanno impedito la recessione, la più grave e lunga della storia del Brasile. Continuata nel 2018, per effetto del rialzo del dollaro, malgrado gli annunci trionfanti di previsioni di crescita sul Pil (più 2,7 per cento) di inizio anno.Haddad guadagna punti nei sondaggi e si avvicina al leader dell’estrema destra Jair Bolsonaro, convalescente in ospedale dopo l’attentato di alcuni giorni fa, che mantiene il vantaggio con il 26 per cento delle preferenze. Il candidato del Pt è passato in pochi giorni dal 9 al 13 per cento, con buone possibilità di andare al ballottaggio, rubando voti ai candidati moderati, ma anche all’ambientalista Marina Silva.La campagna elettorale, insomma, accentua la sua polarizzazione, in vista del giorno del voto, il 7 ottobre, che sarà cruciale non solo per il Brasile ma per tutta la regione sudamericana. Sarà chiaro allora, infatti, se l’ondata revanchista dell’estrema destra finanziaria continuerà ad avanzare con la forza di uno tsumani sociale, lasciando dietro di sé le macerie delle conquiste dei governi progressisti dei primi anni 2000.