LA LUNGA NOTTE DI UNA REPUBBLICA: NIENTE SACCHE ALIMENTARI PER UN MALATO DI SLA
Quando la Dignità deve divenire preghiera, lo Stato ha smesso di fare lo Stato. Constatazione amara, tanto più quando a renderla in tutta la sua drammatica portata e’ la consapevolezza che a fare le spese di inefficienze, incapacità é una persona malata. Consapevolezza che porta a sostenere che si e’ giunti proprio a un punto di non ritorno. La notizia che fa riflettere è quella di un ex imprenditore, Gino Votta di Ponte a Egola nel comune di San Miniato, Pisa, Toscana, da anni affetto da SLA. Egli per potersi nutrire necessita di sacche alimentari fornite dalla Asp 11 di Empoli. Fin qui la cronaca della evoluzione drammatica di una malattia degenerativa. Ma a questo si aggiunge la macabra beffa delle istituzioni, lontante sideralmente da ogni tipo di apporto o appoggio sia esso morale o economico. Così capita che chi assiste un malato si senta rispondere:” Non ci sono le sacche” e, alla domanda disperata:” come fare?” si vede opporre una desolata ma passiva alzata di spalle. E’ l’Italia! Verrebbe da dire sorridendo. ” Serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello” ( Dante Alighieri) Tuttavia, quando nel cuore e nella testa di chi combatte contro muri di gomma o mulini a vento, vi è la vita di una persona amata, non si può cedere allo sconforto, alla amarezza, alla voglia di elevare un impropero e dire:” ma andate tutti a quel paese!” Occorre rimboccarsi le maniche e industriarsi affinché si possa alleviare la sofferenza di chi vediamo al nostro fianco a combattere solo con la forza di volontà rappresentata dal suo sforzo del vivere. E Gino Votta di sforzi per vivere, anzi per sopravvivere in un mare infestato da squali, ne ha fatti e ne sta facendo tanti. Perché il suo calvario inizia nel 1997 quando scopre di essere affetto da SLA. Aveva una conceria Gino con 15 dipendenti. Le cure costose per fronteggiare la malattia lo portano a chiedere aperture di credito a istituti bancari. La malattia avanza a passi baldanzosi mentre, invece, l’economia stagna, regredendo come gambero in quella che e’ storia comune per gli italiani in questi anni. Gino non riesce a rientrare nella sua esposizione debitoria e gli istituti di credito incalzano. Le favole negative del nostro paese ci hanno abituato ad assistere a un epilogo tanto drammatico quanto più è generalizzato. Costretto a perdere tutto. A vendere persino la casa. A essere citato in un giudizio da Mps e CR Firenze con l’accusa di false vendite. A chiedere incontri, a cercare soluzioni bonarie, mentre la stanchezza incombe, mentre la malattia fa scempio di forza e vitalità, mentre il silenzio delle istituzioni preposte regna sovrano, mentre ” fare spallucce” diviene lo sport prediletto di burocrati e politici. E il calvario da fisico, diviene giudiziario e oggi i due tormenti si acuiscono con la disfunzione dell’Asp che finisce per gravare interamente sulle spalle ormai fragili di Gino e di sua moglie, attenta guerriera, mai doma, mai paga, mai abdicante alla dignità. “Non ci sono sacche alimentari” risposta perentoria. Suona come una condanna a morte. Inattesa e intollerabile in uno Stato di diritto e civile quale l’Italia si professa essere. Eppure lei aveva fatto la richiesta per tempo. Non aveva aspettato che la scorta delle sue sacche finisse! Come può una Asp essere, invece, così poco avveduta a e non accorgersi che le sue scorte stavano venendo meno? Quelle sacche sono salvavita per cittadini affetti da patologie gravi. La moglie di Gino al Fatto Quotidiano ha dichiarato:”Hanno detto che il materiale non era disponibile, che erano dispiaciuti ma che non potevano farci niente. A quel punto non sapevo cosa fare e ho chiesto di poter parlare con un responsabile per risolvere la questione al più presto, ma non è stato possibile. Mi hanno detto di provare a richiamare il giorno seguente per verificare la disponibilità, ma a me rimanevano solo tre sacche”. Inizia una lotta contro il tempo in cui la donna e’stata lasciata da sola da quelle istituzioni che avrebbero dovuto difenderla e difendere la vita del marito. Ma dove latita lo Stato ecco emergere l’Italia stupenda. Quella del gran cuore della gente comune. Dopo la denuncia pubblica di ciò che stava accadendo, molte famiglie hanno donato parte delle loro scorte alla signora Eleonori: “Adesso sono tranquilla perché siamo coperti – Continua la moglie di Votta. Gente comune che senza calcoli, senza se e senza ma, ha messo a disposizione della donna parte delle sue scorte di sacche alimentari per far fronte alla emergenza. Qualche giorno dopo, dichiara la signora, l’azienda sanitaria avrebbe risposto con un laconico: “Ci scusiamo, inconveniente risolto nel minor tempo possibile” Fortunatamente Gino aveva potuto continuare a mangiare grazie alla solidarietà della gente. Chi avrebbe pagato per quello ” Sciopero della fame forzoso e forzato?” I funzionari, ultima ruota di un carro che sbanda ad ogni curva? I dirigenti, i manager, i politici, la regione, lo Stato, un’accozzaglia di membra e menti inesorabilmente destinati al declino? Eppure l’art. 32 della Costituzione e’ lapalissiano: ” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…” Eppure sussiste in materia una competenza concorrente fra Stato e regioni. Eppure la Corte costituzionale ha in più di un’occasione, intervenendo sul riparto di competenze fra Stato e regioni, statuito che la tutela della salute “non può non darsi in condizioni di fondamentale uguaglianza su tutto il territorio” (così Corte cost., 26 giugno 2002, n. 282).Meno male che ad oggi alle Regioni residua la sola possibilità di integrazione delle disposizioni statali che non possono derogare dai principi fondamentali contenuti nella Costituzione e nelle leggi ordinarie. Eppure si e’ proposto, con il recente governo, e per esso dal ministro Stefani, per alcune regioni ritenute virtuose, di devolvere completamente la materia alle stesse. I tagli al welfare producono solo “alzate di spalle ” dinanzi alle difficoltà economiche e gestionali. La funzione della sanita’ per sue intrinseche peculiarità involngenti aspetti scientifici, etici, politici, economici, deve rimanere pilastro fondamentale dello Stato, non creare disparità fra i cittadini risiedenti in aree diverse del paese e deve essere,pertanto, indevolvibile. L’epopea del libro V della Costituzione, con il balletto della attività concorrente Stato/Regione, d ‘altra parte, ha fatto comprendere in maniera chiara e inequivocabile che è inutile trasferire poteri quando manca un pensiero riformatore e un’etica istituzionale ormai miraggio e appannaggio di pochi soggetti, eccezione a confermare la regola . Quei poteri trasformerebbero ancora una volta i Diritti in Favori, come qualcuno ha confuso essere il diritto alla vita e alla dignità di un uomo malato. Se poi si pensa che le banche si salvano con decreti varati in una notte e per delle sacche alimentari occorre, invece, scalare l’Everest senza maschera di ossigeno, si comprende di essere entrati nella lunga notte di una Repubblica .
