117 MORTI, PIU’ CHE AL BATACLAN DI PARIGI

117 MORTI, PIU’ CHE AL BATACLAN DI PARIGI

117 morti.Più che al Bataclan a Parigi.Ma fanno molto meno rumore, a quanto pare, per loro non vale neanche la pena di cambiare l’immagine del profilo di Facebook e scrivere “Je Suis” qualcosa.Nessuno vuole “essere” un poveraccio morto annegato, del resto. Quando la ong Sea Watch ha avvisato le autorità italiane che, a dieci ore di distanza dalla loro posizione, un elicottero militare aveva avvistato un’imbarcazione piena di persone che stava affondando, gli è stato risposto di non andare, perché dovevano pensarci i libici.E infatti è stata allertata la Libia, il paese che paghiamo profumatamente per trattenere e incarcerare i migranti provenienti da sud.Ma nessuno è intervenuto.Capita, quando hai a che fare con un paese tuttora in guerra, dove le autorità sono spesso degli ex criminali e la guardia costiera è composta principalmente da ex pirati e scafisti.I tre superstiti hanno detto a chi li ha tratti in salvo, come prima cosa: “meglio morire che tornare in Libia”.E la paura negli occhi di quelle persone non cambia, neanche se Salvini racconta agli ignoranti che lo votano che si tratta di un “paese sicuro”. Li potevamo salvare tutti.Ma li abbiamo lasciati morire.Abbiamo detto che ci dovevano pensare gli altri, i libici, abbiamo detto che quelle persone non erano “un problema nostro”. È un po’ come se il vicino di casa ti chiedesse aiuto perché sta soffocando e tu potessi salvarlo ma non lo facessi, perché “ci deve pensare il pronto soccorso, mica io”. Quel sangue è sulle mani del nostro paese.È sulle mani di Salvini e del governo che chiude i porti e caccia le Ong.È sulle mani di Minniti, che per primo strinse gli accordi con la Libia.È sulle mani di chiunque abbia votato questi mostri senza coscienza e senza anima.È sulle mani di chiunque giustifichi, di chiunque si volti dall’altra parte. Sapevamo che erano lì, sapevamo che nessuno stava intervenendo e li abbiamo lasciati lo stesso morire annegati. 117 morti che vanno considerati per quello che sono: vittime di una strage di Stato.Il nostro.