LE PAROLE DI PRIMO LEVI

Pochi come Primo Levi hanno saputo rappresentare cosa furono il nazismo, il fascismo, il razzismo e le conseguenti leggi razziali, l’annientamento sistematico di esseri umani basato su un’ideologia folle che viene però accettata quale regola, quale normalità, quale utilità addirittura, da nazioni formate da decine di milioni di persone.Pochi come Primo Levi hanno saputo spiegarci cosa significasse vivere quegli anni, e forse nessuno come lui ha illustrato tanto bene cosa significasse vivere in prima persona quella barbarie, cioè esserne vittima diretta, e non semplicemente spettatore o complice. Viviamo giorni acri, nei quali di parole come nazismo, fascismo, razzismo, si fa un uso distorto e strumentale (infantile, stupidamente inflazionato), e nei quali in perfetta buona fede milioni di persone fanno il gioco della più bieca restaurazione, inconsapevoli, anzi convinti di combattere il nazismo, o suoi fantomatici eredi. Giacché non amo unirmi ad alcuna schiera, e morrò probabilmente pecora nera, non mi allineo al conformismo di chi urla al fascista ogni due per tre, né a chi crede di lavarsi la coscienza perché colpevole di decenni di collusione con le mafie e di inetta incapacità nell’affrontare il fenomeno migratorio (con conseguenze note, chissà perché oggi dimenticate), gridando SOLO oggi allo scandalo per quanto succede nel mediterraneo, e utilizzando ogni tragedia per poter urlare strumentalmente al “governo nazista”. No, scusate, il coro fatelo voi, con la Prestigiacomo e Micciché unitevi voi, le risposte automatiche illogiche tenetele per voi, io preferisco ragionare. Ragionare e ricordare, con coscienza, con cognizione di causa, guardando ogni minuto chi potrebbe giovarsi delle mie parole e della mia rabbia, chi puo utilizzarle, chi vuole usarle per raggiungere i propri scopi, e quali sono questi scopi. Non presto i buoni sentimenti per scopi marci: forse l’ho fatto involontariamente anche io nel passato (e del resto col mio voto del 2006 contribuii ad eleggere Mastella ministro della Giustizia: di errori in buonafede ne ho commessi tantissimi), e non voglio farlo più. Le parole (e i sentimenti umani, e la rabbia) sono importanti, come lo è la memoria, e usarle male fa male a tutti: a chi le usa, a chi le legge, a chi vive nel paese in cui le parole (e i sentimenti umani, e la rabbia) vengono usate male, per ragioni bieche. Oggi non c’è il nazismo, e poche cose mi fanno più schifo del leggere un uso strumentale della giornata della memoria fatto da chi è corresponsabile del sottosviluppo, della maleducazione, dell’ignoranza e del razzismo diffusi in questo paese. I colpevoli di vent’anni di disastri che oggi si svegliano, si strappano le vesti e gridano al nazismo (il nazismo! Oggi!!) mi fanno davvero orrore. Le parole sono importanti, e forse nessuno le ha sapute usare bene come Primo Levi per raccontarci quell’orrore. Leggetelo, rileggetelo, leggete tutto ciò che ha scritto, anche i racconti brevi, tutto. Leggetelo e capite cosa si possa fare oggi, per migliorare il mondo in cui viviamo, e cosa era il nazismo, cosa fu la morte della ragione (e della memoria e della verità), che permise tutto quell’orrore. Primo Levi, da “Se questo è un uomo”. “Quest’anno è passato presto. L’anno scorso a quest’ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l’agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all’amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l’avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.[…]Oggi è domenica lavorativa, Arbeitssonntag: si lavora fino alle tredici, poi si ritorna in campo per la doccia, la rasatura e il controllo generale della scabbia e dei pidocchi, e in cantiere, misteriosamente, tutti abbiamo saputo che la selezione sarà oggi. La notizia è giunta, come sempre, circondata da un alone di particolari contraddittori e sospetti: stamattina stessa c’è stata selezione in infermeria; la percentuale è stata del sette per cento del totale, del trenta, del cinquanta per cento dei malati. A Birkenau il camino del Crematorio fuma da dieci giorni. Deve essere fatto posto per un enorme trasporto in arrivo dal ghetto di Posen. I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io”.