J’ACCUSE! IL GESTO ESTREMO DEL MIGRANTE MORTO SUICIDA

J’ACCUSE! IL GESTO ESTREMO DEL MIGRANTE MORTO SUICIDA

E le ruspe si posizionarono. La grande armata fece udire il roboante e cupo timbro del motore. Le benne si alzarono in segno di saluto, una sinistra imitazione,parve, di un antico saluto romano. Partirono per la missione salvifica in patria, come cingolati pronti ad abbattere fortezze, a superare barriere, a macinare detriti, a scardinare trincee. Ruspe capaci di calpestare diritti umani. Se ne stava lì, davanti a loro. Bello lo sguardo fiero del gladiatore dinanzi alle belve di ferro. Che arena avevano preparato per lui e per quelli come lui! La sabbia non era quella del Colosseo, ma un groviglio di norme, normucole, circolari con un nome da far impallidire ogni vittima sacrificale: Decreto Sicurezza. Gli avversari, pretoriani fidati, erano temibili, pronti a ubbidire senza discutere, senza valutare. Il pubblico, poi, quello sui gradoni, urlante, felice per panem et circenses, voleva vedere il sangue. Il suo. Impaziente di fare sfoggio dell’unico gesto di cui si illudeva di possedere la libertà: pollice in alto o pollice verso. E lui era lì, a subire quel verdetto. La sua pelle scura e lucida ad aspettare i colpi di gladio o di benna. Era allenato alla vita, ai colpi del fato, di quel destino che fa nascere a caso in un posto, con un colore di pelle, di occhi, con quella che chiamano fortuna. Nel suo paese, la Nigeria, aveva studiato, scoperto la bellezza della chimica, delle sue reazioni, dell’ attrazione di molecole come in una immensa storia d’amore. Era andato via dal suo mondo in cui le lotte fratricide fra etnie erano la regola imperante, era andato via trasportato da quelle stesse correnti che avevano sospinto il suo barcone. Era ospite da mesi nel centro di accoglienza di Multedo, Genova. Aveva intrapreso il percorso per richiedere un permesso temporaneo per il soggiorno in Italia così da completare l’iter per ottenere la richiesta del riconoscimento del suo status di rifugiato. Ma la sua richiesta era stata annullata poco prima di Natale a seguito dell’ entrata in vigore del Decreto Sicurezza, poi convertito in legge. Prima dell’entrata in vigore del decreto sicurezza, l’Italia poteva riconoscere tre tipi di protezione a chi ne faceva richiesta: status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria, protezione umanitaria. Poi la situazione è cambiata. Chi aveva presentato domanda di protezione internazionale dopo l’entrata in vigore della nuova normativa poteva vedere i seguenti esiti alla sua domanda: se veniva riconosciuto il rischio di persecuzione, e gli altri requisiti per lo status di rifugiato, oppure tortura, trattamento inumano e degradante, pena di morte o rischi legati a violenza generalizzata, poteva ricevere il permesso per protezione internazionale. Chi godeva della protezione umanitaria poteva convertire il permesso in uno per lavoro, altrimenti doveva tornare davanti a una commissione territoriale per venire valutato secondo la nuova norma. Oppure poteva ottenere un permesso per casi speciali, per esempio per calamità naturali, per valore civile, per cure mediche di durata limitata nel tempo. Un tema caldo e caro alla Lega nella sua continua, inarrestabile ed implacabile campagna elettorale: l’immigrazione, da rendere bestia immonda e repellente nell’immaginario dell’ opinione pubblica. Veniva completamente eliminato il “permesso di soggiorno per motivi umanitari” sostituito dal permesso di “protezione speciale”( un anno), dal permesso ” per calamità naturale nel paese di origine “(sei mesi), dal permesso per ” casi speciali” (vittime di violenza o sfruttamento) e “per atti di particolare valore civile” e dal permesso ” per gravi condizioni di salute”( un anno). A lui era stato negato il riconoscimento. Nelle pastoie burocratiche era stata triturata la voglia di riscatto di una giovane vita. Le benne si alzavano gaudiose, le ruspe avevano vinto. Prince Perry, questo il nome del giovane gladiatore, non aveva più la corazza della Costituzione Italiana, non aveva lo scudo dell ‘art. 10 di quella meravigliosa legge che proteggeva gli stranieri perseguitati nel loro paese. Non aveva il gladio dell’art. 3 che rendeva uguale lui a quel popolo urlante che chiedeva a gran voce il suo sangue. Non aveva la rete dei reziari della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo per bloccare quelle ruspe che stavano calpestando la sua vita. Non aveva l’elmo dell’ONU a proteggerlo dalle mazze ferrate della burocrazia italiana. Solo. Dentro la fredda apatia di una nazione che finge di non vedere. Solo su un treno diretto ad Alessandria. Chiuso in un silenzio divenuto preghiera. Lontano ormai dai Rais del suo popolo e da quelli del nostro. Pollice verso popolo italiano.Sei stato accontentato. Scorre il sangue di un innocente.Rette parallele verso l’ infinito quei binari imbrattati dello scempio di un uomo. Benne abbassate! Missione compiuta, istigazione al suicidio sussurra quel popolo ora sgomento. E quel sangue innocente grida: J’ Accuse!