GUERRA FREDDA DEL TERZO MILLENNIO. COSA SI NASCONDE DIETRO ALLA QUESTIONE MILITARE

GUERRA FREDDA DEL TERZO MILLENNIO. COSA SI NASCONDE DIETRO ALLA QUESTIONE MILITARE

Guerra freddissima, se facciamo riferimento al clima statunitense di questi giorni, con temperature di oltre 10 gradi inferiori a quelle del Polo nord. Soprattutto in quel Middle west citato come country di nascita da Bob Dylan, in quella che è forse la sua canzone pacifista più bella (“With God on our side”). Guerra versione terzo millennio, per qualche verso inedita, con tendenza al rialzo termico se pensiamo invece al calore delle dichiarazioni di parte Usa. Molto se n’è parlato in questi giorni, ma forse qualcosa da aggiungere ci resta. In effetti, la rottura del trattato di non proliferazione nucleare, firmato da Reagan e Gorbaciov nel 1987, pure se preannunciata da Trump, ha avuto la sua consacrazione ufficiale non in uno dei tanti inflazionati tweet della Casa Bianca, ma in una dichiarazione ufficiale del meno verboso ma tecnicamente più prevedibile Segretario di stato. E’ stato infatti Mike Pòmpio (così negli States vanno pronunciati nomi italianissimi risalenti all’antica Roma come Pompeo) a dichiarare la sospensione dell’accordo, che ha provocato un passo analogo da parte di Mosca. Come dire che questa volta gli Usa fanno sul serio e che non si tratta di una delle sparate del premier cui spesso sono seguite provvidenziali marce indietro. Sei mesi come da trattato per farne uno nuovo, dopo di che via libera ai potenziali apocalittici fuochi d’artificio. Vale la pena ricordare che la cosa non riguarda gli Usa meno di quanto riguardi l’Europa. Quella che riprenderà sarà infatti la produzione di quei missili a testata nucleare a breve-media distanza, che non segnerebbero i botta e risposta tra Washington e Mosca, quanto piuttosto quelli tra i russi e gli alleati europei degli Usa, Italia compresa. Commovente il commento di Federica Mogherini,  lucidamente consapevole dell’impotenza del suo rango diplomatico di un’entità che politicamente nulla conta. Dice che agli europei quel trattato piaceva davvero tanto. A lasciare intendere che la sua sospensione è una fregatura cosmica, ma che lei può solo assentire, visto che, tra gli alleati delle due sponde dell’Atlantico, uno comanda e l’altro ubbidisce. Al di là della paura e del senso di impotenza un paio di considerazioni fuori dalle righe. Una riguarda un aspetto della sospensione che, paradossalmente, potrebbe risultare positivo: il quadro geopolitico, dal 1987, è cambiato a sarebbe più rilevante un accordo multipolare che inglobasse altri paesi, Cina in primo luogo. Magari !… ma ce lo vedete un Trump, che per principio instaura solamente tavoli bilaterali, aprirsi ad incontri a tre o più convitati, dove lo potrebbero mettere in minoranza? Meglio neppure pensarci. L’altra riguarda un aspetto non puramente militare della vicenda: le finanze russe non sono eccessivamente brillanti e i recenti interventi militari hanno avvicinato il livello di guardia. Possibile quindi che l’obiettivo primario degli Usa sia quello di ingaggiare con Putin una costosa rincorsa al riarmo tale da portare il rivale sull’orlo della bancarotta. Putin però pare avere mangiato la foglia. Dice che l’uscita dall’accordo non comporterà un innalzamento delle spese. Più qualità e mobilità delle installazioni, ma non altrettante spese per la moltiplicazione di armi e di basi. Sarà vero? Abbiate pazienza, per certi interrogativi sei mesi basteranno per ricevere una prima risposta. Per il momento accontentiamoci di un promemoria, puntualmente formulato da Ennio Remondino, relativo ai tempi impiegati da un missile balistico a testata nucleare a raggio intermedio, di quelli prossimi alla moltiplicazione, per raggiungere l’obiettivo: dai 6 agli 11 minuti. Coraggio, magari non potremo recitare tutto un rosario ma almeno un Pater Ave Gloria ce lo potremo permettere.