UNA SERATA CHE VALE LA PENA VIVERE

UNA SERATA CHE VALE LA PENA VIVERE

Bere una birra spizzicando due taralli, fare quattro chiacchiere e tornare a casa.Questa è una serata tipo, come quella che ho trascorso ieri sera. Ma ieri è stata una serata normale e speciale insieme.Si perchè il posto che ha ospitato me e tanti altri ragazzi del quartiere tuscolano di Roma, è davvero un posto speciale.Stiamo parlando di “Vale la pena” un pub, una realtà, un luogo ameno in cui la parola “possibilità” diventa realtà.Vale la Pena è il coronamento di un progetto di integrazione sociale e professionale nato ormai 4 anni fa. Un progetto nato per iniziativa della onlus Semi di Libertà, e del suo presidente Paolo Strano, che della produzione di birra intuiva le potenzialità formative e aggregative. Così, a settembre 2014, con la benedizione dell’allora ministro dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, nasceva il Birrificio Vale la Pena, ospitato nei locali messi a disposizione dall’Istituto Sereni di Roma, così che anche gli studenti della scuola beneficiassero del progetto. Ma i principali destinatari delle attività di produzione, sin dall’inizio, sono stati i detenuti ammessi al lavoro esterno del carcere di Rebibbia, al fine di contrastare le recidive, pari al 70% tra chi non gode di misure alternative: un dato sensibilmente ridotto (2%) tra chi viene inserito in un percorso produttivo.Vale la pena accoglie ex detenuti e detenuti in regime di semilibertà per reinserirli nel tessuto sociale, dare loro una seconda opportunità scongiurando il pericolo della recidiva.Si perchè, e questo è intuitivo, se lo Stato non interviene preventivamente fornendo al detenuto strumenti per il suo inserimento nel tessuto sociale ed occupazionale viene da se che l’unica strada percorribile una volta libero resta – ancora – quella già percorsa, quella della delinquenza.Si chiama “funzione rieducativa della pena”, ed è un diritto sancito all’art 27 della nostra carta costituzionale.La pena ha una funzione esatto, non è fine a se stessa perchè – ed è bene ricordarcelo – pena è già la privazione della libertà personale e non anche la sottrazione della dignità di potersi reinserire nel tessuto sociale una volta scontata.Ma quando le isituzioni sono assenti, e non hanno – spesso – le sostanze per investire nel wealfare allora ecco che le associazioni fanno rete e questo è il caso di “vale la pena”.Nasce così un posto in cui entrare con 20 euro, ed uscire dopo aver bevuto 2 birre artigianali buonissime e una busta piena di taralli fatti dai detenuti delle carceri di mezza italia.Si perchè scopo del pub è anche quello di incentivare l’economia circolare carceraria.Mentre in tanti ascoltavano Paolo Strano raccontare la nascita del progetto, io ho conosciuto Mirko.40 anni di cui quasi 14 passati in carcere, oggi Mirko, in regime è in regime di semilibertà , e nel pub ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, il primo contratto della sua vita.“Rispetto le regole, io che non ne ho mai rispettata una – dice Mirko – mi alzo vengo a lavoro e torno in carcere a dormire, questa è la mia prima grande vittoria”.“ E poi ho imparato che io non sono nato rapinatore, nessuno nasce delinquente, mica ce l’hai nei geni semmai ci diventi ma poi se pagni le tue colpe e capisci che quella vita non la vuoi più, puoi invertire il corso delle cose se qulacuno ti da la possibilità .Per me questa qui a “ vale la pena” è la mia seconda possibilità per vivere ancora”.Progetti come questo sono la dimostrazione che nessuno – ha ragione Mirko – nasce sbagliato ma se capita, se la strada che scegli ti fa quasi “morire” ci può essere anche per quei sopravvisuti una seconda vita.