LA NUOVA VITA DI MATTEO BOE, EX PRIMULA ROSSA DEL BANDITISMO SARDO

LA NUOVA VITA DI MATTEO BOE, EX PRIMULA ROSSA DEL BANDITISMO SARDO

Capelli e barba bianca, fisico asciutto e in perfetta forma,Matteo Boe è pronto a cominciare una nuova vita.L’ex primula rossa del banditismo sardo, è un uomo libero. Ha pagato il suo debito con la giustizia (25 anni di carcere) e ha riacquistato la libertà a giugno del 2017. E’ tornato a Lula, comune di 1300 anime nel cuore della Barbagia che gli ha dato i natali. Da lìogni giorno Matteo parte per Nuoro, puntuale come uno studente modello, per sedere sui banchi della Evolvere, società specializzata in corsi di formazione. Con lui una ventina di corsisti, uomini e donne, decisamente più giovani di Boe che di anni ne ha 61,per diventare guida ambientale escursionista.E potersi poi iscrivere al registro nazionale dell’Aigae, la principale associazione di categoria. Del ‘balente’di un tempo non è rimasto più niente, se non un passato che continuerà a parlare di lui. Che dopo Graziano Mesina è il bandito sardo più famoso. Nel suo ‘curriculum’, scolpiti su pietra 3 sequestri:quello diSara Nicoli(per il quale fu condannato a 16 anni di carcere), dell’imprenditoreDe Angelis e del piccolo FaroukKassam al quale tagliò il lobo dell’orecchio che spedì ai genitori come prova nella richiesta di riscatto. Fatto, questo, che lui ha sempre negato, ma il piccolo lo ha inchiodato con la sua testimonianza durante il processo. Il sequestro costò a Boe, nel 1996, una condanna a 20 anni di carcere. Una personalità granitica la sua, al pari delle rocce che abbondano in Barbagia. E dalle mille sfaccettature che ne rendono impossibile una qualunque catalogazione senza cadere nei soliti luoghi comuni. Studia all’Università di Bologna quando nel luglio dell’83 partecipa al sequestro di Sara Niccolia San Gimignano, in provincia di Siena.Passare da studente modello a bandito fu un tutt’uno. Una scelta incomprensibile le cui motivazione sono ignote ai più. Forse dettata da antichi retaggi culturali barbaricini fatti di codici non scritti ma da cui, una volta assimilati, è quasi impossibile sottrarsi. Guai però a chiamarlo criminale( ha sempre preferito il termine fuorilegge)e italiano“Ca est sa terra de sos nurakes sa natzione mea non s’Italia colonialista”, ovvero ‘l’unica nazione che riconosce e rispetta è quella nuragica’. Fuorilegge dunque,perché sempre in lotta con il sistema col quale stenta a riconoscersi e ad integrarsi. Aspro e duro come la natura che lo circonda, diffida di tutto e tutti,l’amore per la compagna, Laura Manfredi, conosciuta a Bologna,e i tre figli avuti da lei, il suo tallone d’Achille. Fu grazie all’aiuto della sua compagna chenel 1986 riuscì ad evadere,a bordo di un gommone,dall’Asinara, il carcere di massima sicurezza. Un unicum nella storia del penitenziario sardo. Una fuga che ha contribuito ad alimentare la leggenda del bandito dagli ‘occhi di ghiaccio’, altro modo col quale la stampa dell’epoca descrive le sue gesta. Una latitanza che dura sino al 1992quando viene identificato, con moglie e figli al seguito, dalle forze dell’ordine a Porto Vecchio, in Corsica.Condotto a Marsiglia viene messo in carcere dove resta sino al 1996, anno in cui l’Italia ottiene l’estradizione. Nel 2003, in circostanze mai chiarite, viene uccisa la sua primogenita Luisa, allora 14enne. Un omicidio rimasto impunito, un grande dolore per il ‘balente’. Anche l’unione con Laura è naufragata durante la lunga detenzione. Incrollabile invece l’affetto della sua famiglia d’origineche ne ha atteso la scarcerazione ed il ritorno a Lula dove tutt’ora risiede. E da dove ricomincia la sua nuova vita. Come guida ambientale escursionista. In mezzo alla natura. L’unico posto nel quale, forse, è in pace con se stesso