TRUMP AD HANOI INCONTRA KIM. E SE PARLASSERO DI AFFARI E NON DI ARMI?

TRUMP AD HANOI INCONTRA KIM. E SE PARLASSERO DI AFFARI E NON DI ARMI?

Incontro ad Hanoi, mercoledì e giovedì. Atterraggio di Trump. Per Kim invece una lunghissima marcia in treno, 66 ore attraverso la Cina. Forse stressante ma simbolicamente efficace. A differenza di Donald, che solo in aereo poteva arrivare, il leader nord coreano ha tenuto a sottolineare, con una lunga traversata, il suo rappresentare quella parte del continente asiatico mai sottomessa agli Usa. La disponibilità alla trattativa sulla questione nucleare significa anche una richiesta di assoluta parità tra le controparti. In effetti, al di là delle affermazioni roboanti dell’establishment americano, gli esperti non prevedono una capitolazione di Pyongyang ai desideri di Washington in materia militare. Semmai piccoli passi nel segno della reciprocità: qualche missile nucleare in meno da una parte; minore presenza di truppe a stelle e strisce nei dintorni di Seoul. Quale, dunque, la posta in gioco?  Convergenza di vedute tra esperti italiani, a prescindere dalle rispettive visioni del mondo. Da Lorenzo Lamperti (Affari italiani) a Claudio Pagliara (Rai) non c’è chi non supponga che la sede prescelta per gli incontri (Hanoi) abbia un forte potere evocativo. Non per ricordare la disastrosa sconfitta degli Usa nel 1975, ma per qualcosa di molto più recente. Gli affari sono affari. Da allora la partnership commerciale tra Stati Uniti e Vietnam ha raggiunto livelli invidiabili con ritmi sempre più accelerati. Fra gli invidiosi va probabilmente collocata anche e soprattutto la Cina. Questo il messaggio di Trump a Kim. Guardati attorno e imita i vietnamiti: pensa a fare business. Per il disarmo è il momento delle parole e magari di qualche fatto, ma senza esagerare. Lo ascolterà Kim? Oppure nelle 66 ore del suo viaggio in treno ci sono state soste, in terra di Cina. In esse qualcuno gli avrebbe potuto consigliare la massima diffidenza nei confronti dell’amico americano.