MITI VIVENTI. ANDREA CAMILLERI RIPORTA TIRESIA ALLA RIBALTA

MITI VIVENTI. ANDREA CAMILLERI RIPORTA TIRESIA ALLA RIBALTA

Ho visto in TV la “Conversazione su Tiresia” di cui è autore e attore Andrea Camilleri e ne ho subito la fascinazione. Non ne ho scritto prima perché volevo rileggerla in un libretto appena uscito per i tipi dell’editore Sellerio, collana il Divano, prima edizione Palermo febbraio 2019. Adesso sono passati pochi giorni, ma il libretto è composto da solo 60 paginette e in un fiato si legge, dopodiché abbiamo tutto il tempo di pensarci sopra e, magari, potete anche tenere conto di questo mio modesto contributo. Modesto per tanti motivi, s’intende, alcuni perché alla mia età ho difficoltà di comprensione che sarebbero difficili da colmare non avendo fatto studi classici e non conoscendo il greco, la lingua del mito di Tiresia, ma nemmeno il latino se non per la frequentazione di certi modi di dire che restituiscono, a noi che parliamo una lingua neo-latina, la lapidarietà e la sonorità del linguaggio; chiarisco, in proposito, che tuttavia non abuso dellatinorumcome l’azzeccagarbugli di manzoniana memoria e, se mi pare efficace usare certi modi di dire per qualcosa che ho scritto, quando non ne ho completa contezza profitto dell’amicizia di un filologo di vaglia mio coetaneo e conterraneo, Davide Puccini, e ciononostante non sempre me la cavo del tutto a dovere. Devo dire, però, a compensazione, che qualche conoscenza in più del mito di Tiresia ce l’ho perché, avendo alle spalle studi sistematici di psicologia, più volte sono incappato in Freud e nella sua elaborazione in chiave psicanalitica delcomplesso di Edipo. Camilleri smonta presto l’impostazione di Freud ma, occorre dire, il grande terapista viennese l’aveva già fatto per suo conto quando convenne che la riconsiderazione dell’esperienza bisessuale di Tiresia dovuta al periodo in cui visse nel corpo di donna in virtù delle tre versioni, pur diverse, del mito da cui discendeva la sua capacità predittiva, lo indusse a passare dall’idea che all’origine della distinzione fra uomo e donna ci fosse il dato di una bisessualità rilevabile a livello psicologico, all’idea che non vi sia netta dualità tra maschile (forte e attivo) e femminile (debole e passivo) ma cheogni persona […] rivela una combinazione di attività e passività. In seguito vi saranno elaborazioni che arriveranno persino a rispondere alla domanda se esista davvero il genere, nella convinzione che la categoria determinante il genere non è che un campo di forze fatto di relazioni complesse tra contrapposizioni e differenze molteplici, il che spiegherebbe persino l’esistenza degli/delle LGBT. Ma questo non è ciò che interessa dire a Camilleri. Il Nostro è prima di tutto scrittore facondo, uomo di teatro, cinema e televisione che inventa personaggi al limite della unicità e/o dell’universalità, con lingua sicula seppure digeribile fino al punto che un personaggio come il commissario Montalbano è conosciuto dai lettori in una trentina di nazioni diverse, per non parlare delle centinaia di milioni di telespettatori che ne seguono le gesta negli sceneggiati ritrasmessi dalle televisioni di mezzo mondo. Ecco che qui viene fuori l’altro aspetto che emerge dalla lunga esperienza di vita e di operatore culturale di Andrea Camilleri: in quanti modi e con quante sfumature può essere raccontato un personaggio come Tiresia? Leggere il suo libretto è interessante anche da questo punto di vista. Nonostante le citazioni di cui la sua “Conversazione su Tiresia” è disseminata, si scoprirà che la bibliografia conta solo sette testi il che non è un segno di sommarietà bensì di padronanza. Li voglio elencare tutti gli autori citati nella bibliografia, ricordando che alcuni rimandano ad altri che sono rammentati tra le pagine a volo d’uccello, ma sempre con cognizione di causa. Quelli citati nella bibliografia sono: Emilia di Rocco e le sue “Metamorfosi di un poeta”, Jorge Luis Borges, Hugo von Hoffmannstal, Friederich Dürrenmatt , Archibald Mac Leish, Ezra Pound e T. S. Eliot. Ma poi non vi stupite se, ascoltando Camilleri e/o leggendo il libretto, incontrerete Omero, Apuleio, Ovidio, Orazio, Boezio, Dante, il Poliziano, Pietro l’Aretino, Apollinaire, Breton, Coucteau, Primo Levi, Pier Paolo Pasolini e, visto che il testo è pensato per il teatro, le musiche di Stravinskij o spezzoni di un film di Woody Allen. Posso aver dimenticato qualcuno a questo punto, e se fosse davanti a me gli chiederei scusa, ma ciò che mi premeva sottolineare è che, con il garbo e il gusto per la battuta, Camilleri attualizza ogni aspetto che tratta per cui nessuno sentirà il peso di tanti nomi e la fatica di apprezzarne l’autorevolezza. Concludendo vi domanderete dove vuole arrivare l’Autore con questa sua faticosissima prova danovantino(direbbe Catarella). Possiamo immaginarlo per via di alcuni facilissimi indizi: c’è il fatto che anche lo scrittore è cieco come Tiresia, il fatto che con le cose che racconta talvolta anticipa il futuro ma, soprattutto, c’è una sensibilità umana che ricuce i tempi e gli avvenimenti in una specie di eternità che Camilleri sa non essere di questo mondo, eppure – lo dice lui stesso ad un certo momento – capita in età avanzata che possano conciliarsi personaggio e persona pur essendo passati per molte e diverse vite. C’è una citazione che non fa, ma mi permetto di proporla io non perché ne sia particolarmente edotto, ma perché la ricordo come una scritta sul proscenio del Teatro Metropolitan della mia città: un teatro fondato dall’Accademia dei Ravvivati, cioè dai mutilati e invalidi sopravvissuti alla prima guerra mondiale, che se ne stava lì come un ammonimento. L’autore è il grande William Shakespeare e la scritta diceva:è il mondo intero una ribalta. Ricordo, in questo stesso momento, quando sgranocchiavamo noccioline o schiamazzavamo disturbando altri spettatori e si affacciava uno degli ultimiravvivatizoppicando e, puntandoci addosso la torcia da maschera volontaria, ammiccava verso la scritta e diceva bonario: «O bimbi… ricordatevi che siete voi i primi attori!».