EUROPEE: DI QUALE SCHIERAMENTO FARANNO IL GIOCO GLI ELETTI? ORBAN E NON SOLO

Grandi manovre in vista delle elezioni europee. Siamo solo agli inizi, ma nel silenzio generale sono iniziate le grandi manovre, nella prospettiva della costituzione degli schieramenti del futuro parlamento. Come puntualizza Paolo Valentino sul Corriere, insorge in tutti i partiti un amletico dilemma: “Tenersi dei partner che poco hanno a che vedere con i valori che si professano. Ovvero tenere il punto sui valori, rinunciando al loro ricco bottino elettorale e indebolendosi a Strasburgo”. Dilemma alla luce del sole soprattutto nel Partito popolare, alla luce del possibile abbandono del premier ungherese Orban, che mostra l’intenzione di trovarsi in ambiente a lui più consono spostandosi a destra, tra i “Conservatori e riformisti”. Pietra dello scandalo gli insulti rivolti da Orban al presidente della Commissione e compagno di schieramento Juncker, giunti al termine di una prolungata campagna di attacco alla Ue. A dire il vero è un gioco delle parti. Da un lato Weber, candidato di punta dei Popolari, che pure appartenendo alla Csu bavarese, che ne dovrebbe costituire l’anima di destra, ha non tanto velatamente avanzato l’ipotesi di una cacciata di Orban se non la pianta. Dall’altro lo stesso Orban che manifesta l’intenzione di andarsene spontaneamente prima di venire cacciato e va a far visita al suo compare polacco del Gruppo di Visegrad Jaroslaw Kaczynsky, che dei “Conservatori e riformisti” già rappresenta l’anima più verace. “Insieme a te non ci sto più” contro “No, sono io che ti mando a quel paese”, che sarebbe poi Varsavia. Suona per il momento perdente la voce della realpolitik, incarnata da Berlusconi che invoca Orban di non lasciarlo più o meno solo a rappresentare l’anima della destra Popolare dello schieramento a Strasburgo. Percorso in salita. Orban non è il tipo di recitare l’atto di dolore davanti a Juncker e per altro Weber non può permettersi l’affronto di un leader ungherese indisciplinato, impermeabile alle sue ramanzine. Caso Orban, di certo il più visibile, ma non certo il solo. Già da tempo si sapeva di una situazione per qualche verso analoga sul fronte croato. Da quelle parti avvengono fatti inquietanti. Il governo Hdz, ufficialmente interno al gruppo dei Popolari a Strasburgo, è chiamato a rispondere di azioni inquietanti nei confronti dei migranti che risalgono la rotta dei Balcani. Reso ermetico il confine di coloro che provenivano dalla Serbia, anche al prezzo della morte di una bambina afghana, morta sotto un treno dopo essere stata respinta al confine su un sentiero che coincideva con quello delle rotaie, altri gravi episodi vengono segnalati al confine con la Bosnia. I migranti mostrano i segni delle sevizie che dichiarano siano state inflitte loro dalla polizia croata al momento del respingimento. Le associazioni umanitarie denunciano come non si tratti di episodi isolati. Forse il caso croato non ha ancora ricevuto un’ampia eco sulla stampa, visto che la polizia di quel paese effettua di fatto un lavoro sporco che consente alla Ue di limitare il flusso degli arrivi. Ma a dispetto del premier Andrej Plenkovic che cerca di salvaguardare un’immagine moderata del suo partito, ci pensano i rappresentanti dell’Hdz nel Parlamento europeo ad alimentare la tensione. Risale infatti al settembre scorso il voto contrario di una minoranza dei parlamentari Popolari (tutti i croati dell’Hdz, ma anche i Popolari spagnoli), al così detto Rapporto Sargentini, passato a Strasburgo grazie ad una maggioranza inclusiva anche dei Popolari. La Sargentini, una verde olandese, accusa il governo di Budapest di mettere a rischio lo Stato di diritto con provvedimenti nettamente contrari allo spirito dell’Ue. In esso si prefigura anche una interruzione dei fondi comunitari all’Ungheria. Viene dunque da pensare che votare l’Hdz in Croazia, ma anche il Ppe in Spagna, possa contribuire all’ingrossamento delle fila dei Conservatori e riformisti o quanto meno al rafforzamento della loro rete di alleanze, quando venga il momento di scelte decisive. Nelle fila di tale schieramento esiste pure la possibilità che, oltre al partito di Orban, possa confluire la Lega. Il candidato di punta è comunque Jan Zahradil, un euroscettico della Repubblica Ceca. In verità la Reppubblica Ceca annovera nelle sue fila anche il Presidente Andrej Babis, un così detto populista miliardario assimilato di volta in volta a Trump o a Berlusconi e indagato per il sospetto di avere dirottato verso le proprie aziende fondi Ue. Però, indovinate un poco da che parte dello schieramento del Parlamento di Strasburgo potete incontrare Babis? Nientemeno che in Alde, il gruppo degli ultras liberisti pro Ue, con in mezzo quel Verhofstadt che definì Conte un burattino, nonché una Emma Bonino che se le parli di populismo o simili cose va in escandescenze. Cosa ci stia a fare Babis da quelle parti chiedetelo a loro. Se aggiungiamo che anche dalle parti dei Socialisti ci sono dei problemi col loro candidato rumeno potremo ben dire che le prossime elezioni potranno riservare sorprese ad orologeria, per molti elettori che credevano di sapere per chi votare.