PASSO DOPO PASSO LE MANIFESTAZIONI DI ALGERI SVELANO I LINEAMENTI DI UN MOVIMENTO NUOVO

PASSO DOPO PASSO LE MANIFESTAZIONI DI ALGERI SVELANO I LINEAMENTI DI UN MOVIMENTO NUOVO

Sostiene un amico algerino che il suo popolo, che anche venerdì è sceso in piazza per protestare contro il governo, non si esprime con la “trasparenza” di altri popoli confinanti. Potrebbe apparire una critica, ma non lo è. Sta piuttosto a indicare come la volontà politica della gente di Algeri come di altre città non disvela subito le proprie intenzioni finali, quasi a difenderle da attacchi che potrebbero risultare mortali se il nemico portasse i suoi colpi quando il movimento è ancora acerbo. L’opacità consente invece una maturazione più graduale, quella che ha consentito  finora di vincere e che in futuro dovrà evitare che la vittoria venga rubata. E’ una considerazione che può forse valere anche per la controparte del movimento. Una controparte che non è scesa in campo brandendo come una spada il nome di un presidente come Bouteflika, cui si richiedeva di non concorrere per un quinto mandato. E infatti non concorrerà, ma prolungherà però di un anno il tempo per arrivare alle elezioni. L’opposizione alla piazza non assume fin qui comunque il volto di una repressione cieca e feroce (la morte del dimostrante dei giorni scorsi è ormai unanimemente riferita ad un attacco cardiaco). E neppure il nuovo premier appena nominato ha avallato una logica del muro contro muro. Pare infatti voler rappresentare qualcosa di diverso dal cerchio magico di Bouteflika, ma piuttosto una tecnocrazia super partes, che invita anche le opposizioni ad entrare nel governo. Un posizionamento, quello di Noureddine Badoui, che gode del consenso dell’esercito e della polizia e trova una sponda nei suoi buoni rapporti coi media. Pure i manifestanti replicano “No grazie” e ritornano in piazza dopo avere acquisito un consenso, quello dei sindacati, che finora non era apparso di loro appannaggio. Pugno di ferro che ha come slogan “Se ne andranno tutti”; ma guanto di velluto che lo ricopre, grazie alla presenza delle donne. E grazie ancora di più al suo rivolgersi alla società civile nei modi più svariati. Se alla prima manifestazione i manifestanti avevano provveduto a ripulire le strade dopo il proprio passaggio, l’ultimo venerdì hanno addirittura anticipato la mossa. La pulizia è avvenuta in anticipo a evitare la presenza di oggetti che, come rileva Giuiana Sgrena su il Manifesto, potessero servire a “perturbare” la protesta. E di qui un corollario di azioni volte a tranquillizzare l’opinione pubblica e le stesse forze dell’ordine e ad evitare le provocazioni. Protezione di donne, bambini e soggetti deboli; sorrisi ai poliziotti; evitare la presenza al derby del calcio come possibile origine di disordini. Una contrapposizione che non presenta gli aspetti di uno scontro dai risvolti militari, ma che è fatta di sfumature e di simboli. E se il fatto che il militante morto fosse il figlio di  Benkhedda, rappresentante dell’ala politica della rivoluzione, poteva essere casuale, non è casuale la presenza nel corteo di Djamila Bouhired. Anche in questo caso una esponente della guerra di liberazione interna al fronte dei politici e non a quello dei militari. Un momento dopo l’altro, come dietro un vetro appannato che perde via via la propria opacità, il movimento svela i tratti di un’identità nuova e il conflitto diventa più difficile da mediare, senza peraltro consentire ad altre forze, come quelle dell’integralismo islamico, di insinuarsi pericolosamente nei giochi. Forse è davvero il momento per una gioventù algerina che rappresenta i tre quarti della popolazione, di costituire l’incubatore di un processo finora mai realizzato, per quanto non sempre facile da classificare.