CYBER-BULLISMO. QUANDO LE PAROLE FANNO PIU’ MALE DELLE BOTTE

CYBER-BULLISMO. QUANDO LE PAROLE FANNO PIU’ MALE DELLE BOTTE

Paolo è nella sua stanza, davanti al computer. E’ iniziato per gioco, di notte, dietro ad uno schermo, dietro frasi profonde, strette, che fanno male, frasi cui non si sa dare un significato. Paolo è un ragazzo ma, come un po’ tutti, nel virtuale siamo un po’ bambini, ci crediamo davvero, con un aggravante, poiché confondiamo il virtuale con la finzione. Quello che scriviamo, che postiamo non rimane nel nostro luogo, no, non è così. Non è un gioco innocente, non è fantasia. Sembra impalpabile il “virtuale”, etereo, sembra non esistere, però non è finto: quello che facciamo sul web è nostra responsabilità. Il web non dimentica, non dimenticherà mai, è imperituro, è vero. Le persone dietro ad uno schermo sono vere con le loro emozioni, la loro fragilità, la loro sensibilità, la loro cattiveria. Per la strada le persone camminano, ridono, sono assorte nei loro pensieri e TU, bullo elettronico, avresti il coraggio di insultarle, di dirgli in faccia ciò che scrivi? No, non sei capace, hai paura. Sei solo un povero bullo nascosto in rete. Continui credendoti un “grande” e cominci a uccidere la sensibilità di un tuo coetaneo fino a indurlo a uccidersi. TU rimani un bullo, sempre più solo, con la coscienza che si sveglierà giorno dopo giorno e vedrà il tuo decadimento. Il bullismo come il cyber-bullismo non è un gioco e miete sempre più vittime, per lo più adolescenti, in maggior numero ragazze, giovani donne. Un macabro divertimento a umiliare gli altri: per noia, per odio dovuto alla gelosia e all’invidia che mette in risalto la povertà interiore del carnefice. La prima vittima in Italia dei bulli sulla rete, aveva solo quattordici anni, si chiamava Carolina. Nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, ha posto fine alla sua giovane vita, buttandosi dal balcone di casa sua a Novara. Girava da un po’ di tempo in rete un video che la ritraeva ubriaca a una festa. Il video inquisitorio diventa virale e, per la piccola Carolina inizia l’incubo. E’ lo zimbello di tutti con minacce e insulti anche da persone che non conosce. La feriscono in ogni modo e lei non sa più come difendersi. Carolina è sempre più sola, vede svanire la sua vita, i suoi sogni. E’ in trappola come nella rete di un ragno, dove non può muoversi, è la preda preferita. Prima di uccidersi, Carolina lascia un biglietto: “Le parole fanno più male delle botte. Ma a voi non fanno male? Siete così insensibili?” Bullismo e Cyber-bullismo: sono parole che oggi purtroppo, sentiamo pronunciare troppo spesso. Il cyber-bullismo è una forma “evoluta” del bullismo. Il suo significato è assai semplice, è un atto aggressivo o prevaricante svolto nel mondo del web o, attraverso strumenti telematici. Altrettanto semplice non è, però tutto ciò che si cela dietro a quest’atteggiamento, conseguenze tragiche che spesso hanno gli atti di cyber-bullismo su chi li riceve. Internet così, da spazio online ricco di riflessioni e capacità di socializzare, per le vittime del bullismo informatico, si trasforma in un incubo. Fino a qualche anno fa, questo fenomeno era sottovalutato, prima che arrivassero le storie vere delle vittime. Un’aggressività verbale che va a toccare quelle dedicate corde dell’animo di ognuno di noi. Senza arrivare a casi estremi, in ogni caso, le vittime sono ferite a livello psicologico portandoli alla depressione, anoressia o a impulsi autolesionisti. Il Cyber-bullismo è una piaga della società moderna, i genitori, gli educatori e gli insegnanti, dovrebbero monitorare l’atteggiamento dei ragazzi, cogliere sfumature del loro umore, parlare con loro. Che sia vittima o bullo è necessario sensibilizzare a non subire ma a denunciare da una parte e, dall’altra insegnare l’educazione e a far capire che la diversità non è un difetto da canzonare ma, un valore aggiunto. Le azioni cruciali per la lotta al bullismo elettronico sono il dialogo e l’ascolto. Tante sono le declinazioni del cyber-bullismo: dal flaming, in altre parole quando si è vittime di messaggi volgari e violenti tra i commenti del social network; sexting, l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare; e altri spiacevoli fenomeni. Il bullismo e il cyber nascono già all’interno di famiglie che non hanno insegnato al ragazzo a saper affrontare la sua aggressività, a famiglie poco attente, dalla coscienza lassa che porta a negare l’obbligatorietà, come genitori, di una legge morale con mancanza di rigore, di disciplina verso i propri figli. Genitori che non colgono atteggiamenti del proprio figlio, offrendogli eccessiva indulgenza nel richiedere l’applicazione morale, o ancora peggio, sono le famiglie stesse che per prime hanno mosso atteggiamenti violenti. E’ d’uso comune aggiungere il prefisso “cyber” a ogni atteggiamento omissivo e commissivo che si riferisce al mondo informatico e, si preferisce sempre più, utilizzare locuzioni anglofone, delle quali, troppe volte non si apprende il significato. I ragazzi-social hanno perso il contatto con la vita reale, sono smarriti, chiusi davanti a una scatola ipnotizzante. Dipendono da un click, una sorta di dittatura del “like”. Cyberbully è un film, diretto da Charles Binamè, racconta la storia vera di Megan Meier, vittima di bullismo virtuale e morta suicida nel 2006. Immagini che lasciano riflettere, penombra, come per far vivere il tunnel in cui la vittima comincia a entrare, allontanandosi dalla luce di una vita normale. Dall’altra la possibilità di scrivere senza veli pensando di essere protetti da uno schermo. Un film che rappresenta la dinamica evoluzione del malessere della vittima e del bullismo virtuale. Quest’ultimo vince proprio quando porta la persona prescelta, comincia a rimanere sola, si emargina anche dalla sua famiglia, perché ha vergogna. Fa paura sapere che la comunicazione virtuale sia divenuta il linguaggio privilegiato dai giovani. Per loro il computer è la finestra sul mondo, dove non si conosce la privacy, non si conoscono le parole che possono essere violate. Nella piaga in rete il perpetuatore si avvale dell’anonimato che allarga maggiormente la forbice di potere con la vittima designata. Inoltre le conseguenze negative, comportamentali ed emotive del cyber persistono in modo espressivo nel tempo a differenze dell’atto di bullismo tradizionale vissuto. Può esistere prevenzione solo quando è multilivello cioè quando si combinano insieme approcci focalizzati sull’individuo, avendo come target sia il comportamento online rischioso sia rivolgendosi ai potenziali preesistenti vulnerabilità. La prevenzione mostra però, da una parte la mancanza di un’adeguata base empirica. In futuro si dovrà chiarire se il cyber-bullismo sia legato a specifici out-come sulla salute mentale o un rischio di alterata insorgenza di disturbi psicologici. I blocchi e i divieti servono poco, la scappatoia si trova sempre. Il dialogo forse è il miglior inizio a proteggere i propri figli, anche se è sempre difficile e, la rete, non rende facile il compito perché le insidie sono inaspettate e lodevolmente celate. I genitori, non vigilando i loro figli, cadono essi stessi nell’illecito perculpa in operando e in educando. I bulli come i cyber sono esse stesse vittime della loro solitudine che tramutano in rabbia verso i deboli. Sono persone che in fondo hanno paura di mostrarsi per quello che sono, non hanno autostima e così riversano la loro rabbia dallo schermo. Nel secolo del social, i confini tra privato e pubblico è un sottile filo che sta per spezzarsi. Sono ignote agli adolescenti ma anche agli adulti, l’esattezza dei principi del rispetto, della dignità e d’integrità fra gli esseri umani. Ci vuole un costante e incondizionato appoggio del “mondo adulto” per evitare di patire in futuro conseguenze ieratiche. Paolo aveva 15 anni, ha per sempre 15 anni. Paolo ha deciso di farla finita, è davanti alla finestra della sua stanza da solo. Si guarda intorno nel buio, un alito di vento gli carezza il viso, per lui è un invito a volare verso la morte.Lo assale il vuoto e l’eco che in rete tutto è per sempre, per sempre, per sempre. Un tonfo