S&P GLOBAL TAGLIA LE STIME DEL PIL ITALIANO E DELL’EUROZONA

S&P GLOBAL TAGLIA LE STIME DEL PIL ITALIANO E DELL’EUROZONA

A ricordarci che  l’economia italiana fa il passo del gambero, ci pensano le Agenzie di rating e gli outlook delle  Organizzazioni economiche internazionali: l’ultima stima di S&P Global sul Pil italiano va verso il ribasso e si ferma allo 0,1%, rispetto allo 0,7% previsto nel dicembre scorso. L’analisi di S&P riguarda i paesi dell’area euro, ma l’Italia in termini di crescita, secondo queste stime, resta fanalino di coda. Si prevede una crescita nel 2020, ma non salti di grande ampiezza, la crescita  si fermerebbe infatti allo 0,6%, sempre più contenuta rispetto alle previsioni espresse a dicembre 2018. Il rallentamento della crescita globale non sostiene l’economia italiana in questa fase piuttosto delicata, legata all’esito della politica economica del Governo, che ha proposto una manovra con formule nuove.  Formule che in teoria dovrebbero fornire una risposta valida all’attuale  situazione di stallo, secondo i programmi della coalizione di governo, nonostante la mancanza di endorsement da parte degli operatori economici, dell’Unione europea, e le voci contrarie di Confindustria, che non ha mai manifestato entusiasmo verso i rischi che comporta l’ultima Legge di Bilancio. Certo in Eurozona si avverte la scossa proveniente dalla frenata della crescita a livello globale, e S&P lo sottolinea, tanto che le stime sono riviste al ribasso in generale nell’intera area, si prevede infatti che dall’1,6% di dicembre si passerà nel corrente anno all’1,1%. In questa scivolata del Pil dell’Eurozona c’è l’influenza del rallentamento economico rilevato in Germania, oltre a quello dell’Italia.  Secondo gli economisti di Standard & Poor’s Global Ratings, l’origine della flessione è da ricercare proprio nelle difficoltà attuali dei due maggiori poli economici dell’Ue (italiano e tedesco), in affanno perché subiscono le conseguenze del conflitto sui dazi tra i due colossi economici mondiali, ossia Cina e Usa. E’ proprio questo aspetto, insieme all’incertezza sull’esito della Brexit, ad avere determinato lo stato di stagnazione in atto.  In area euro le previsioni non sono propriamente ottimistiche neppure per il 2020; secondo l’Agenzia S&P, infatti la crescita risentirà ancora dei nodi che stanno interessando i rapporti economici a livello globale. “E’ una crescita che resta anemica” – si legge nel report, anche se s’intravede qualche segnale di ripresa, e infatti nel prossimo biennio le prospettive apriranno un fronte diverso, con una crescita che andrà a +1,4%. Il blocco è causato dal freno derivante dalla domanda esterna e ai provvedimenti di carattere interno alla fine del 2018 (rivolte in Francia, calo nella produzione di auto in Germania, in parte dovuto ai test sulle emissioni). Sulla prospettive a breve termine gli analisti di S&P sono più ottimisti, anche perché le turbolenze dei mercati finanziari, che hanno caratterizzato il secondo semestre dello scorso anno, sono ora più contenute, e si è stabilito in generale un clima di maggiore fiducia.  L’economia cinese frattanto dovrebbe orientarsi sulla ripresa nei prossimi due anni. Le previsioni dell’Agenzia di rating hanno provocato movimenti in negativo dello spread, riportandosi però quasi subito sui valori degli ultimi giorni, intorno ai 150 punti  base. Incerta invece la ‘resilienza’ dell’area euro qualora si verificasse un’altra crisi, lo sostiene il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Legarde. Secondo le analisi del Fondo l’Eurozona potrebbe reggere meglio una ‘tempesta economica’, ma non una crisi: non è abbastanza forte il sistema bancario. E sulla base di queste considerazioni Legarde insiste affinché si migliori sul fronte del Mercato dei Capitali e Unione Bancaria. Indubbio, secondo le dichiarazioni del Direttore Generale, il ruolo svolto dalla moneta unica in Eurozona, in quanto ha contribuito a consolidare l’integrazione europea, e come conseguenza sono migliorati anche gli standard di vita nei Paesi dell’area.