IGNORANTI E CATTIVI
Qui sopra ho letto, vado a memoria, una frase così:«Io sono cattivo e ignorante, qualcuno mi spiega che cos’è bruciato, oltre a un edificio?» “Io sono cattivoe ignorante” può essere inteso in due modi: o letterale, cioè una rivendicazione autentica delle due caratteristiche; oppure un artificio retorico.Gli artifici retorici sono diffusi. Ad esempio, quando uno dice «Sarà un problema mio, ma…», «In italiano non andrò bene, ma…», in realtà pensa che non sia un problema suo, e che il voto in italiano non c’entri con la comprensione dell’argomento. Torniamo al cattivo e ignorante, e immaginiamo invece che uno esordisca così:«Io mi eccito pensando al sesso delle bambine dell’asilo di fronte a casa, di solito sgozzo i miei cagnolini e li uso nel brodo, qualcuno mi spiega che cos’è bruciato, oltre a un edificio?»Rimarrebbe dotata di un surplus retorico, una frase del genere, in questa o in altra diatriba, o squalificherebbe irrimediabilmente l’interlocutore, che verrebbe abbandonato a sé stesso con senso di schifo? Perché invece questo non succede con chi rivendica ignoranza e cattiveria?Perché il loro potere nella formazione di un’opinione collettiva non è nullo, insomma non ci si vergogna di usare la cattiveria e l’ignoranza come armi, così come nessuno userebbe mai la pedofilia o la crudeltà sugli animali per accrescere autorevolezza e potere persuasivo in un dibattito?
