MIO NIPOTE, “UN MODO PERFETTO” E IL ROSSINI
Ripassa un film in tv e s’accende un flash della memoria, di quelli che ti fanno riassaporare un momento lontano, perduto nel tempo. Era la primavera o l’estate del 1994, mi trovavo a Senigallia per qualche giorno di vacanza, così portai mio nipote Alessandro a vedere “Un mondo perfetto” di Clint Eastwood.Ale aveva suppergiù la stessa età del ragazzino “rapito” dal fuggiasco Kevin Costner, un balordo dal cuore d’oro e dall’infanzia infelice, e pensai che gli sarebbe piaciuto vedere quel film al cinema, davanti a un grande schermo. Dove? Al Politeama Rossini, costruito negli anni Trenta e ormai prossimo alla chiusura: di lì a poche settimane, infatti, quel bel teatro-cinema, così caro ai senigalliesi benché ormai disertato, venne sbarrato e non se ne fece più nulla (oggi è rimasta solo la facciata, non si capisce bene perché).Ricordo che a mio nipote “Un mondo perfetto” piacque molto, insomma si riconobbe nel ragazzino in mutande, timido ma intraprendente, preso da quella strana e inattesa avventura destinata a finir male; io, che l’avevo già visto per lavoro facendo il critico e il giornalista a “l’Unità”, gli stetti vicino nei momenti più tesi e duri, ogni tanto dando uno sguardo agli arredi scalcinati del cinema, a quelle sedie polverose, alla galleria vuota, a quel che restava della sala dove avevo visto il mio primo film da solo, a dieci anni, pagando il biglietto di tasca mia: “Per un pugno di dollari”.Sulle sorti del “Rossini” e dell’annessa arena s’è molto polemizzato a Senigallia nei decenni. Non mi va di ricostruire la storia di quanto è successo, degli infiniti progetti di rilancio, tutti abortiti; ma so che risistemarlo, per un uso sia teatrale sia cinematografico, sarebbe costato infinitamente meno di quanto speso per quell’immenso, inutile e orribile “scatolone” di cemento che fu pomposamente ribattezzato “La Fenice”.
