L’INTIMO RAPPORTO TRA IL DEPOSTO DI PERUGIA E LA MADONNA DI RONCIONE
Entrando in una chiesa se vi capita di vedere un crocifisso ligneo nel quale Cristo ha i piedi paralleli piegati in avanti a mostrare il dorso guardatelo con attenzione, potrebbe essere un antico Deposto del Duecento parte di una Deposizione lignea: policrome, composte da Cristo, Maria, Giovanni Evangelista, Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e angeli in volo sopra la croce, la meglio conservata è quella di Tivoli. Diffuse nell’Italia centrale venivano esposte durante le cerimonie del Venerdì santo e portate in processioni. Essere macchine teatrali utilizzate per messe in scena non ne ha certo favorito la conservazione; se a questo aggiungiamo il progressivo venir meno delle Passioni, la difficoltà a collocarle nelle chiese, la deperibilità, il cambiamento del gusto e del rito si comprende perché non abbiano avuto lunga vita. E così o perché separate l’una dall’altra, o perché mangiate dai tarli, o perché finite come legna da ardere, o perché vendute gran parte di queste ingombranti sculture sono andate disperse. Miglior sorte è toccata ad alcuni deposti riciclati come crocefissi o Cristo morto. Uno di questi sopravvissuti è allaGalleria Nazionale dell’Umbria, rappresentato nell’atto d’essere calato dalla croce ha le mani liberate da chiodi e le braccia spinte in avanti. La croce non è originale mentre lo è la tavoletta alla base sagomata a simboleggiare il monte Calvario, c’è scritto di un antico restauro settecentesco e 1236 accolto come anno di creazione del gruppo Secondo Scarpellini è “generalmente ritenuto uno dei raggiungimenti artisticamente più alti nell’ambito di questo particolare gruppo di Deposti” proviene dalla chiesa derutese di santa Maria di Roncione dove, con il corpo falsificato per ingoffarla in vestiti da contadina nei giorni di festa, è rimasta unica superstite la Vergine Maria. Dell’antica scultura della deposizione resta il volto dolente a ricordare la funzione che aveva e le passioni che sotto di lei venivano lamentate. Allora, nel guardare il Deposto di Perugia oltre ad ammirare la sua rassegnata umana bellezza immaginiamo i colori che aveva. Ricordiamo le sculture che l’accompagnavano e l’intimo rapporto che avevano tra loro, con la loro funzione, la loro chiesa e la campagna sopra Deruta. Soprattutto teniamogli compresente il volto della Vergine rimasta a Roncione a testimoniare ciò che era; e ripetiamoci alcuni dei versi che Jacopone da Todi le fa dire sotto la croce nel “Pianto della Madonna”, le parole del dolore più grande quelle che nessuna madre vorrebbe dire “Figlio bianco e vermiglio, / figlio senza simiglio, / figlio, a chi m’apiglio? / Figlio, pur m’hai lassato!”
