WWI, EROI NON RICHIESTI, PERO’ SPOPOLANO NELLA TOPONOMASTICA
Cesare BattistiCesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa:gli irredentisti e i nazionalisti guerrafondai spopolano nella toponomastica,mentre ai pacifisti della Grande Guerra,come per esempiopapa Benedetto XV,il più delle volte non è riservata nemmeno una viuzza, una piazzetta. Milano, e Torino, per esempio non hanno alcuna via dedicata al papa che parlò con schiettezzadi “inutile strage”.Una via a lui dedicata esiste a Genova, ma solo perché nacque a Pegli.Fra tante commemorazioni della Grande Guerra (sigla inglese WWI),si è perduta l’occasione di parlare dei pacifisti d’ogni nazione,che militarono per la pace talvolta a rischio della propria vita. Fabio Filzi.Gli irredentisti erano odiatissimi, sia nella loro terra natale, sia in Italia.Ambedue li ritenevano tra i principali responsabili della guerra, ossia delle morti di centinaia di migliaia di giovani, di amici, fratelli, di figli, di mariti. Responsabili anche della fame che l’Austria dovette patire a causa del blocco navale. Battisti in particolare era preso di mira, perché di gran lunga il più attivo e il più noto in Italia e in Austria. Non solo: egli era a tutti gli effetti deputato austriaco. Ecco perché le fotografie della sua fucilazione nel castello del Buon Consiglio,mostrano tanta gente accorsa a vedere la sua morte, tutta sorridente intorno al suo cadavere.Uno spettacolo davvero squallido, tuttavvia va detto chela gente era incattivita dalla guerra, quella stessa guerra che Battisti, Filzi e Chiesa volevano ardentemente. E qui le testimonianze diventano confuse, ma sembra che furono sempre i suoi soldati a rivelare per primi la sua vera identità al nemico di cui erano ormai prigionieri. Fu poi un ufficiale austriaco di origini trentine,Bruno Franceschini,a confermare il riconoscimento formale. Il Franceschinismascherò invece il Filzi,che conosceva fin da ragazzo; rivelando la sua identità, lo portò così al patibolo. Ovviamente fu appellato “infame vile e traditore” per il resto della sua vita, trascorsa a Vienna per i successivi 50 anni. Il Franceschini non venne mai in Italia, dove sapeva che avrebbe rischiato la vita.Il fatto rende l’idea di quanto gli irredentisti fossero disprezzati dai cittadini austriaci di lingua italiana, gli stessi che loro volevano “liberare” portandoli al massacro.
