DI CARNE E DI POLITICA AL SUPERMERCATO

DI CARNE E DI POLITICA AL SUPERMERCATO

Un posto dove non si ha, generalizzando, una visione dell’Italia più nobile è senz’altro il supermercato. Lì, poi, si accavallano tante considerazioni sullo stato del nostro paese e degli italiani… per esempio, tanto per dire, ma quanto magnano? Al banco dei formaggi, pane e insaccati, vedi e tocchi con mano quanto la battaglia se non vegana almeno quella vegetariana sia ancora così difficile e faticosa. Madri che acchiappano teste mozzate, arti, interiora di ogni provenienza, un dì viva, con mani che sembrano diventare, in una allucinazione improvvisa, zampe feroci… ci sarebbe da commuoversi pensando al perché sono morte quelle creature innocenti tra dolori atroci… per finire in un cellophane ghermito da zampe predatrici e cannibale? Non c’è, e difficilmente pensi che ci sarà, in quegli occhi di quel cliente al banco assetato di sangue, il benché minimo sentore, sospetto, della morte atroce che hanno fatto quelle creature, anche cuccioli come nella Santa Pasqua, per finire sulle tavole di certe ridenti famiglie festeggianti. E per “disturbare” tutto questo basterebbe un passaggio, magari obbligatorio, magari accompagnato, magari una tantum, ad un qualsiasi mattatoio eh… Io mangiavo carne, ma un giorno m’è scattato un clic che mi ha portato ad una consapevolezza che oggi sento necessario condividere. Non vedo più nel piatto una pietanza, ma un pezzo di cadavere, una vittima. E comunque ci avvieremo a non mangiarne più, di carne, soprattutto perché il mercato di morte della produzione animale è anche il maggior agente inquinante del pianeta. Un’altra considerazione, lì al banco, mi ha assalito: non solo quanto magnano gli italiani, ma quanto poi, tra loro, magari col cosciotto di pollo ancora in bocca, spruzzandone pezzi in giro, parlano di immigrazioni, di madri che affogano col bambino in braccio -e quindi non di chi parte per venire qui a delinquere- usando maleducazione, razzismo, odio… intendiamoci, a quel banco poteva esserci solo brava gente eh, ma la considerazione resta e vale per tutti gli altri italiani, che magari poi vanno pure a messa… e ,complice un manifesto elettorale, davvero incredibile, di una certa destra, mi sono imbattuto, qui su Facebook, in un’altra verità, che ho trovato affine a chi magna senza porsi remore di sorta. Su questo manifesto c’era un cacciatore che si proponeva all’Europa per difendere la “passione”della caccia… La caccia, l’assassinio vigliacco di una creatura ignara, libera, innocente, accuratamente nascosti con un cannoncino in mano, una “passione”? Questo mondo ha bisogno di civiltà, di empatia, di bellezza, di cultura per crescere, non di altri spari… la verità di cui dicevo, che purtroppo non viene mai smentita, è che, sempre generalizzando eh, chi è di destra, chi addirittura si definisce fascista (un giorno vorrei tanto parlargli di quanto quella pagina sia stata una delle più perdenti della Storia d’Italia, se solo si sapesse la Storia, e di quanto non ci sia nulla di cui essere nostalgici) ragioni con l’accetta (non dico la falce perché poi, insieme al martello, potrebbe sembrare una provocazione), agisca di pancia, a ridosso insomma di bisogni immediati e non filtrati, non ragionati… “basta”, “è finita la pacchia”, “andatevene”… e poi persino violenza gratuita ma pericolosa….perché se io sto “a casa mia” o magno, appunto, non devo essere disturbato…perché un privilegiato resta sempre un privilegiato che difficilmente si accorge di quanto “peggio” o “doloroso”ci sia in giro… non è un caso che di libri e cultura si sia occupata di più sempre la sinistra. Non era vietato farlo da destra ma così spesso non è stato, e non vale molto cercare di offendere la sinistra dandole dell’ “intellighenzia” avulsa dalla realtà, perché un libro, l’arte, uno spettacolo servirà sempre a crescere più di un fucile, o comunque più dell’odio. Ecco, mi dispiace per gli amici di destra più civili che esista quest’altro tipo di destra che ragiona con i muscoli anche a discapito della civiltà… poi per fortuna ho preso il pane e me ne sono andato perché sennò va a finire che il banco del supermercato a me me fa male.