I CENTRI SOCIALI PRODUCONO CULTURA MA SALVINI VUOLE SGOMBERARLI
Culturaè una parola, ormai da parecchi anni, decisamente inflazionata. Principalmente in seguito a quell‘ondata ultratrentennale ditelevisione commerciale, che ha visto attori, comici, intellettuali, e chi più ne ha più ne metta, relegati in contenitori sempre più globalizzati e alienanti, asserviti a un flusso continuo d‘intrattenimento destinato alle “truppe“ del consumo. In questi spazi qualsivogliavolontà diricercae ipotesi d‘altri immaginarinon aderisca – sia sul piano contenutistico che su quello linguistico – a una visione totalizzante, viene puntualmente stroncata sul nascere o malamente addomesticata. Non è consentito ad artisti e intellettuali svolgere dignitosamente il proprio lavoro. Lo stesso dicasi per la più recentederiva internettaria, dove a dilagare inesorabilmente è un regime barbarico indichiarato, fondato su grave sufficienza e sommarietà, atto a porre ogni proposta o prodotto sullo stesso piano e in grado di garantire a chiunque di fare il proprio, immotivato show, dalla casalinga annoiata, al disoccupato smodatamente bramoso di affermazione sociale, allo studente sfaccendato, e cosí via. Spettacolarizzazione del quotidiano. In questo demenziale calderone spiccano, ovviamente, solo determinate proposte che non minino la supremazia assoluta di chi viene autorizzato – anzi, aizzato – a ritenersi artista, critico, attore, comico, politico, pur non essendolo e non avendone né una profonda, necessaria, urgenza, né il più basico dei bagagli. Ecco miserevoli video casuali girati per strada ribadire al mucchio l‘imperativo accomodante “anche tu puoi”,bloggergodere improvvisamente di chissà quale rispettibilità analitica in luce di un buon numero di condivisioni estund up comediansdell’ultima ora – ma all’ultima moda – navigare nell’ovvietà di dinamiche comiche banali, unilaterali, retoricamente scorrette e a dir poco anacronistiche. A legittimare lacentralità culturaledi questi casi mediatici il numero diclic, non importa chi – visualizzando anche solo per un attimo – abbia veramente amato la cosa. Il mucchio regna sovrano, annientando i più fondamentali principi di selezione, e non traccia (come anche nel caso del sistemaAuditel) un reale gradimento. La delirante finalità una vacua, fugace gloria, l‘obiettivo produttivo monetizzare su questo niente, perché pare sia rimasto solo quello, tutto è stato consumato, asfaltato in un‘unica, pornografica, inesorabile, vuota dimensione. Tra le rarissime e quasi impossibili zone franche, diversi centri occupati disseminati sul territorio nazionale, luoghi di incontro e confronto,fucine di nuove proposte artistiche e culturalise non addirittura di correnti,crocevia di realtà concertistiche e performativea volte internazionali. In alcune di queste strutture riabilitate è possibile respirare un fermento e un’atmosfera non dissimili da quelle che hanno caratterizzato 50’anni fa la mancatarivoluzione culturale. Molti tra questi spazi formativi si occupano di sociale intervenendo liddove loStatorisulta essere inadempiente o dimostra banali carenze strutturali. Tuttavia nell’agenda nera di Salvinitali spazi aggregativi di incontro, confronto, recupero, sembrano essere ai primi posti e l’attuale Ministro dell’Interno non ne fa un mistero. Sodali collaboratori, appositamente preposti, pare stiano raccogliendo informazioni su ognuna di queste realtà, nel tentativo di stilare relazioni demonizzanti, atte a motivare in maniera vaga losgombero delle strutture. E’ il caso clamoroso, ad esempio, dellaDivina Provvidenza, recentemente sgomberata aNettuno, sede di diverse associazioni, luogo ricreativo e rigenerativo per migliaia di anziani, spazio di validi laboratori artistici, ma sopratutto sede storica deiLeoni D’oroAntonio RezzaeFlavia Mastrella, autentiche eccellenze della cultura italiana nel mondo, che qui hanno dato vita, passando per teatro, cinema e televisione, a quasi tutte le loro opere. L’edificio è stato definito inagibile dal Commissario Straordinario in carica, in maniera totalmente infondata, il Comune non ha infatti mai provveduto a rilevarne le condizioni oggettive. Stando alla valutazione di un perito nominato dalle associazioni la struttura sarebbe invece più che agibile, non solo non avrebbe elementi di pericolosità, magli interventi delle Associazioni avrebbero restituito pulizia, decoro e dignità a locali abbandonati. A Milano lo scorso settembre è stata la volta, tra gli altri, dello spazio socialeMacao,che in passato si era esposto più di chiunque altro nel dialogo con l’amministrazione comunale, spingendosi fino a mettere a disposizione le proprie competenze e collaborare a una proposta di delibera comunale. Che questo governo tema che tali realtà, nel costituire un fulgido esempio di libertà, umanità, cultura e accoglienza possano rappresentare una via di fuga dal piano che sta attuando nel far leva sugli istinti più bassi dell’uomo e sulla rabbia sacrosanta delle classi meno agiate, bramose di chissà quale riscatto e rivalsa? Non c’è dubbio. Ma sarà proprio questa parte del suo elettorato a pagarne per prima le conseguenze.
