“DIMMI DOVE SEI” UN REPORTAGE PER RESTARE UMANI
«Pur nei suoi 14 anni, Bakary supplicava invece Dio perché gli donasse la morte. “Un trafficante libico mi ha chiuso nel bagagliaio di un furgoncino per un giorno intero”, racconta il ragazzo del Mali che oggi vive e lavora come giardiniere vicino a Lione in Francia. “Mi ha lasciato lì perché, diceva lui, in giro c’era troppa polizia. Io gridavo. Non potevo più respirare. Mi sono vomitato addosso. Ci sono momenti in cui è preferibile morire, perché non sai quando finirà il dolore che attraversa il tuo corpo. E io pregavo in arabo. Dicevo: per favore, Allah, prendi la mia anima, voglio essere in pace. Pregavo così anche sulla barca verso l’Italia. I trafficanti ci avevano rubato tutto. L’ultimo giorno in Libia ci hanno dato un solo bottiglione d’acqua per 500 persone. Avevo così sete che nemmeno pensavo alla fame. Non c’era abbastanza spazio per sedersi. Mi agitavo, spingevo tutti per farmi largo. E gli altri intorno mi hanno detto: piccolo maliano, se continui ti buttiamo a mare. Fàtelo, ho risposto io. Erano gambiani. Ci siamo presi a pugni. Era la seconda volta che facevo botte a bordo”.»Non comprate National Geographic, non linkate gli articoli su questo reportage, non parlatene: questi uomini, queste donne, questi ragazzi, questi bambini non meritano i vostri insulti, le vostre parole d’infamia. Sabato 7 giugno 2014 il fotografo Massimo Sestini, sospeso da un elicottero, scatta la fotografia che vincerà il Word Press Photo Award, il premio più prestigioso del fotogiornalismo contemporaneo. Cinque anni dopo assieme al team Tv di National Geographic ha cercato gli uomini e le donne e i ragazzi e i bambini di quel barcone. Qualcuno ha accettato di parlare, qualcuno no, molti non sono stati trovati. Il 20 giugno sul canale tv di National Geographic sarà trasmesso il documentario «Where you are? Dimmi dove sei». Fabrizio Gatti racconta, sul numero di giugno in edicola, alcune di queste storie. Se pensate che comperare un giornale sia da radical chic, se commuoversi è da privilegiati, se pensate che questa è una barca nemica allora non compratelo, per favore ignorate questo giornale, questo post, queste parole. Se invece volete farvi un regalo, a voi, ai vostri figli, se amate le storie, se siete rimasti umani – come si dice, se insomma vi sentite appena “normali” secondo i parametri di dieci anni fa, correte in edicola, leggete questo reportage, guardate il documentario, condividete questo post.
