L’INSICUREZZA DIVENTA LEGGE
Nell’ultima puntata di “Piazza Pulita”, su La7, un fornaio della provincia di Arezzo, Alessandro Canu, ha mostrato davanti alle telecamere i tre mesi di tentativi disperati di assumere due fornai italiani nella sua azienda. Stipendio, niente male per un giovane: mille e quattrocento euro al mese. Ma c’è un particolare: si lavora anche la notte, e il sabato e la domenica. Il giorno delle riprese televisive erano in programma dieci colloqui: non si è presentato nessuno. Chiamati per telefono a casa, gli aspiranti hanno spiegato che avevano avuto contrattempi e hanno declinato l’invito. Per ora Canu rimane quindi con quei due posti vuoti e con i suoi cinque fornai stranieri. Un episodio, fra i tanti, che mostra che gigantesca balla sia quella che circola, purtroppo non soltanto sui social media, secondo la quale gli stranieri ruberebbero il posto ai nostri. Non lo rubano nei forni, negli alberghi, nei campi, nei lavori operai più umili e tanto meno nelle case degli italiani dove il 70 per cento delle badanti sono straniere. La soluzione più saggia, per un governo che davvero guardasse al bene comune, sarebbe quella di varare una sanatoria che svuotasse il pozzo di irregolarità e di lavoro nero che si è accumulato in tutti questi anni, consentendo così a tanti lavoratori di uscire alla luce del sole e all’Inps di aumentare gli incassi. Sia detto fra parentesi, dal lavoro degli immigrati, secondo la Fondazione Moressa, arrivano già oggi 11,9 miliardi di euro di contributi. Il sistema non funziona e già altre sette volte si è dovuti ricorrere in passato a regolarizzazioni: la più grande di tutte, quella della legge Bossi-Fini, scattata nel 2002 ad opera del governo di Centro-destra: arrivarono circa 700 mila domande. A maggior ragione bisognerebbe fare una sanatoria adesso, visto che da sei anni non si può entrare in Italia legalmente per lavoro dipendente, perché i decreti flussi non lo prevedono. Che fa invece il governo? Ignora tutto questo e decide di varare un “Decreto Sicurezza”, che il 3 dicembre diventerà legge, e che, per la parte immigrazione, avrà l’effetto opposto a quello dichiarato nel titolo: si mira cioè a creare scompiglio e insicurezza diffusa, e disintegrazione invece di integrazione, in modo da arrivare al voto delle Europee sfruttando il massimo vantaggio elettorale possibile. La dimostrazione è presto fatta con pochi esempi: c’era un sistema di integrazione, lo Sprar, che finalmente, dopo un inizio balbettante, cominciava a dare i suoi frutti, con più di 1.800 comuni aderenti e 36 mila posti garantiti. Lo Stato finanzia questi comuni, perché facciano integrazione ai rifugiati e ai richiedenti asilo, alloggiandoli in piccoli gruppi, insegnando loro l’italiano e un mestiere. La controriforma di Salvini prevede che i richiedenti asilo non possano più fruire di questo servizio. Li sbatte quindi per la strada. Li abbandona al loro destino. La protesta si sta levando in molti comuni, e da sindaci di tutte le tendenze politiche, da Torino a Bologna, da Savona a Latina, preoccupati anche per le conseguenze di questa decisione sull’ordine pubblico delle città. A questo intervento si aggiunge l’abolizione del permesso di protezione umanitaria, una fattispecie diversa dallo status di rifugiato, e che viene concesso a chi vive gravi situazioni di vulnerabilità personale. Verrà rimpiazzato da permessi sanitari di breve durata. Soltanto queste due misure, con l’aggiunta dell’abolizione della possibilità di ricorrere in appello quando le Commissioni hanno respinto la tua domanda d’asilo (merito, questo, del decreto di centro-sinistra Minniti-Orlando) riempiranno l’Italia di clandestini e di provvedimenti di espulsione impossibili da onorare, perché il nostro Paese è in grado di rimpatriare poco più di 6 mila persone l’anno. Secondo i dati dell’Onu, nella penisola ci sono 350 mila tra persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato o un’altra forma di protezione e richiedenti asilo, pari allo 0,6 per cento della popolazione, un dato in linea con la media Ue: nessuna invasione, dunque. Ancora: viene tagliato drasticamente ai Centri di assistenza straordinaria il contributo per l’accoglienza degli ospiti, da 35 euro giornalieri (di cui, sia chiaro, solo 2,5 in tasca al migrante) a 19 e anche meno, con aste al ribasso. E i tagli riguardano soprattutto due voci, come fa notare l’Agenzia umanitaria Habeshia, l’insegnamento della lingua italiana e la formazione lavoro: anche in questo caso si colpisce l’integrazione. Se poi si aggiungono gli sgomberi di queste settimane, senza trovare una soluzione alloggiativa alle persone mandate via, si capisce bene che è proprio l’insicurezza il grande obiettivo di questo governo.
