LA CHIUSURA DELLA HAG ED ALTRE CATASTROFI
Il pericoloso mondo del caffè fa un’altra vittima: poche settimane fa raccontavamo della crisi definitiva della leader storica delle produttrici di macchine da caffè, la Bialetti, ingoiata da un abisso di debiti, ed ecco che adesso tocca alla sacra polvere nera. Chiude infatti lo stabilimento piemontese del celeberrimo marchio “Hag”, il decaffeinato per eccellenza. Ora, è bene dire che come al solito l’Italia in queste faccende c’entra fino ad un certo punto. La proprietà di Hag (e Splendid, l’altro marchio coinvolto) è infatti di una multinazionale olandese, la Jde, che ha deciso, per ragioni economiche ovviamente, di spostare la produzione in altri stabilimenti europei. Pare in Germania. A farne le spese la sessantina di dipendenti della filiale italiana del gigante olandese: per loro si parla di un “accompagnamento”, lungo un paio d’anni, verso la pensione o altre destinazioni. Definizione un po’ inquietante questa che, parlando di Germania e dintorni, ricorda altri accompagnamenti forzati verso simpatici posticini come Mauthausen e Dachau. D’altra parte questa Jde, che starebbe per Jacob Douwe Egberts, è una specie di “mostro” che possiede una pletora di marchi nel settore ed ha (pare) nel complesso circa dodicimila dipendenti. Facile capire quindi che le proteste dei lavoratori dello stabilimento, ed anche del governo italiano probabilmente, vengano scacciate con un annoiato gesto della mano come a voler allontanare un insetto. Dunque il caffè Hag a quanto pare tornerà da dove era partito, cioè dalla Germania, dove era stato creato, agli inizi del 900, da Ludwig Roselius. Nome da compositore e aspetto alla Alfred Hitchcock, questo figlio di un assaggiatore di caffè pare che debba la sua geniale invenzione del decaffeinato ad un colpo di fortuna. Cioè all’arrivo di una partita di caffè abbondantemente “lavata” dall’acqua di mare durante un viaggio movimentato. Per non buttare tutto il buon Ludwig provò comunque ad usare il caffè, e si accorse che, a parte il sapore ovviamente un po’ sapido, il mare aveva portato via la caffeina ma non il gusto alla bevanda. Chissà se si tratta solo di una leggenda, però è romantica e quindi la prendiamo per buona. Quello che è certo invece è che il regime che prendeva corpo in quegli anni (sì, quello degli “accompagnamenti” di cui si parlava sopra) teneva in modo particolare alla salute del corpo e della mente (della loro ovviamente, di quelli “accompagnati” decisamente no) e quindi fece del caffè Hag una bevanda di culto, pubblicizzandola con foto di vigorosi ragazzoni in tenuta da aviatore. Tutto questo perché il caffè al naturale, lo sanno tutti, fa male! O no? Già, come centinaia di altre cose che ingeriamo nella nostra breve e difficoltosa esistenza, al momento di portarle alla bocca ci passano come lampi le mille trasmissioni, i diecimila articoli, le centomila opinioni “di chi sa”, che ci hanno detto che quella cosa lì è un veleno. Ma altrettante che invece ne esaltavano le qualità sconosciute, ridicolizzando le teorie precedenti. E così, nel caso specifico del caffè, si poterebbe restare con la tazzina a mezz’aria, sospesi in un’incertezza micidiale se ci si stia avvelenando o al contrario facendoci del bene. Difficile, davvero difficile, non rimanere interdetti quando per anni ti hanno detto che il caffè ti rovina il sonno, ti scatena l’ansia, ti centuplica l’acido gastrico, e poi arriva uno studio di un qualche luminare che ti dice che ti stavano prendendo in giro! Che il caffè è una mano santa per il fegato, che ti fortifica la memoria meglio dei mitici omega3, o addirittura diminuisce la probabilità di morte prematura (cercare per credere: esistono davvero studi in proposito!). Ma quel che è peggio è che c’è sempre qualcuno che sa perfettamente come stanno le cose e che, immancabilmente, ti fa sentire un cretino, se non peggio: un irresponsabile, un mezzo criminale. Cosa questa che peraltro ormai succede regolarmente quando vai a cena fuori con un gruppo di persone che non conosci: prendi il menù, lo leggi, ma la tua attenzione è in realtà tutta sui discorsi dei commensali. Non sia mai che ordini una lombata, così senza pensare, e poi ti ritrovi addosso gli sguardi scandalizzati di tutto il tavolo. E una donna (è sempre una donna a farlo) che ti dice con la bocca orribilmente piegata dal disgusto: “Ma perché, tu mangi carne?”. No no, non sia mai! Meglio non rischiare, fare il “pesce pilota”, e quando viene proposto “verdure bollite per tutti?”, battere le mani entusiasticamente urlando “Sì, le adoro! Facciamoci del bene, ca…o!”. Beh, per tornare all’inizio, forse le verdure bollite saranno il menù che, prudenzialmente, dovranno tenere i dipendenti dello stabilimento di Andezeno per un po’ di tempo. Anche se ci auguriamo proprio di no. Sia perché, prima di tutto, la speranza è che riescano a trovare un’altra sistemazione velocemente. E sia perché sarà anche giusto pensare alla salute, alla linea, agli studi di ogni università americana che ci dice la verità su ogni alimento, però strafogarsi di roba che ci dà soddisfazione forse alla fine ci poterà velocemente alla distruzione, è vero, però con il sorriso sulle labbra. E non è mica poco…
