SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO

SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO

Tornasse mio bisnonno, morto nel 1976, non sarebbe in grado probabilmente di accendere la televisione o un’automobile, per altri versi credo penserebbe che il tempo non è passato. “I giovani di oggi non sono più quelli di una volta, dove andremo a finire” – ad esempio, è una considerazione che faceva lui, che ha fatto (poco, molto poco) mio nonno suo figlio, che fanno gli uomini di oggi che invadono indignati la tecnologia a disposizione – facebook – per condannare i ragazzini che ascoltano i rapper. “Oggi in galera non ci va nessuno” – la sento da quando sono ragazzino, gli anni ’80; già ai tempi si viveva in una sensazione di impunità collettiva che riguardava, però, sempre gli altri: non ricordo alcuno valutare pene e attenuanti, costo degli avvocati e rischi per la salute, incolonnare su excel e decidere, in base al risultato, se fare una rapina o uno stupro. “Oggi c’è da aver paura” – è molto di moda, in questa isteria collettiva amplificata dalla tecnologia, ma ditemi: davvero una volta dormivate con le chiavi nella porta? Davvero c’è stato un tempo in cui alle assemblee di condominio si dividevano i dolcetti, sul treno gli sconosciuti si facevano festa, i delinquenti erano tutti in galera? Quali sono questi tempi d’oro? O sono d’oro perché avevi vent’anni e un corpo sano e forte, e tutte le possibilità, peraltro limitate nello spazio e nel tempo – l’aspettativa di vita più bassa – senza la vertigine delle mille alternative?