I SOCIAL. LA PEGGIORE BENZINA PER LA PEGGIOR PROPAGANDA DI DESTRA
Ieri è successa una cosa “divertente”. Su Repubblica è uscito un mio articolo che non è piaciuto ad un noto sindacalista – pazienza che il contenuto fosse inattaccabile, cioè era tutto vero, al sindacalista non andava bene il taglio considerato «populista».Di tutta risposta il signor sindacalista, tra le altre cose, ha più o meno direttamente fatto partire un tam tam Twitter di commenti di risposta al sottoscritto. Avranno scritto una ventina di persone e guardando la loro bio parecchi erano dirigenti di questo sindacato. Scrivevano cose tipo: sei un fazioso, cambia lavoro, «tubo da fogna», incompetente, «fai l’ufficio stampa della Fiom» e via discorrendo [nota a margine: fare l’ufficio stampa della Fiom non è una offesa, anzi credo sia un bellissimo compito, ma in quel contesto sì, era offensivo].Allora invece di rispondere a tono come a volte faccio – detesto la cattiva fede e chi vorrebbe insegnarmi questo mestiere complicatissimo, molto spesso persone che non aprono un giornale neanche per sbaglio da anni – con due di loro ho fatto una cosa diversa: gli ho direttamente telefonato.«Ciao, sono Matteo Pucciarelli di Repubblica, ho letto il tuo tweet in cui mi scrivi che…». Entrambe le chiamate si sono concluse con loro che mi ringraziavano per la «bella chiacchierata», anche se più che una “chiacchierata” ero io che parlavo difendendo la mia professionalità e loro che non sapevano letteralmente cosa rispondere. «Cancello tutto appena buttiamo giù!», mi ha salutato uno dei due (segretario generale della categoria di una grande regione, quindi insomma, neanche il primo avventore di un bar).A parte sentirmi un po’ Selvaggia Lucarelli, ho pensato più del solito a quanto male stiano facendo al dibattito pubblico i social, specialmente quando vengono utilizzati come manganello mediatico. E a quanto sia facile per i pochi manovrare i molti.Insultare e banalizzare la complessità è diventato facilissimo, e lo si può fare senza assumersi la responsabilità delle proprie parole o delle proprie idee, la responsabilità che comporta una voce o uno sguardo. Questa generalizzata mancanza di rispetto produce altra intolleranza, rabbia, disprezzo, sfiducia, individualismo, tra l’altro tutti sentimenti istintivi e di pancia che sono benzina per la peggior propaganda di destra. Sono convinto da tempo che nei prossimi anni nascerà un movimento, o una corrente di pensiero di massa, che predicherà la vita “a-social”, dove ci riconquisteremo tempo e spazi per sviluppare maggior spirito critico e anche una migliore comprensione dell’altro.
