PRIMO APPUNTAMENTO: 6 CONSIGLI SE SEI DISABILE E CHE PERCIO’ DOVREMMO LEGGERE TUTTI

PRIMO APPUNTAMENTO: 6 CONSIGLI SE SEI DISABILE E CHE PERCIO’ DOVREMMO LEGGERE TUTTI

Può renderti impaziente e felice, nervoso o ansioso. Può essere serio e impegnativo o diventare tragicomico. Può distruggerti oppure fortificarti. Comunque vada,un primo appuntamentoti cambia sempre un pezzo di vita – si spera in meglio. Un primo appuntamento è una sfida più grande di tutte le fatiche di Ercole messe insieme. Lo è per tutti, figurarsiper una persona con disabilitàche, il più delle volte, non può permettersi un atletico slancio per aggrapparsi alla bandiera di “fine livello” come in Super Mario Bros. E allora accedere allostepsuccessivo diventa più complicato, che si tratti di un incontro frivolo o dell’inizio di una promettente relazione. Fortunatamente, oggi,internet ci viene in aiuto. Ormai passiamo le giornate attaccati aisocial networkdove molto di noi viene raccontato (in modo più o meno coerente con la realtà): una prima “scrematura” in base a ciò che riteniamo affine a noi stessi, dunque, possiamo farla da subito. E poi lechatsono un buon filtro, uno scudo per chi è più timido e insicuro, permettendo di allacciare il primo contatto senza fatica (anche in questo caso, nel bene e nel male…). Per non parlare poi delleapp di datingche spuntano come funghi per rendere tutto più rapido, ma non certo più smart, basandosi sull’apparenza e sul superficiale istinto famelico. Nutrimento per una necessità sociale “visiva” che neanche per le video-conferenze di lavoro Skype, quelle che usa il tuo capo per capire se hai davvero svolto tutti i compiti o se hai la credibilità di chi dice “domani dieta” il 24 Dicembre. Perché parliamoci chiaro:le disabilità, online, si possono anche mascherare.Basta un selfie inquadrato in stile Belen, spararsi flash alla Barbara D’Urso, pubblicare video con la musica di Rocky in sottofondo, raccontare aneddoti avvincenti, taggarci in qualche locale fico scelto a caso (e magari pieno di scale)… e tutto potrebbe, se solo volessimo, apparire più magico. Una quotidianità entusiasmante o quantomeno “normale”, priva di troppe difficoltà, nascondendone gli aspetti più bui. In questo,l’onestà intellettuale ripaga sempre: inutile far sprecare tempo a persone che, una volta conosciute dal vivo, perderanno poi interesse perché incapaci di accoglierci. Il resto, quindi, deve farlo il caso, o la fortuna, il karma, o insomma chiamatelo come volete: a me piace definirla maturità o empatia. Incontrare cioè le persone giuste, quelle in grado di “andare oltre” quattro ruote, un bastone, una protesi o quel che abbiamo come accessorio, disagi inclusi (che quelli, chi più chi meno, li abbiamo tutti seppur in modalità diverse). Ecco perché questo articolo è per ognuno di noi. Ciò non toglie che un primo appuntamento sia fonte di ansia! Quante probabilità ci sono che il/la nostro/a “uscente” abbia toccato con mano la disabilità? Quanto tempo potrà mai aver trascorso, nella sua vita, con un disabile? E che abbia spinto una carrozzina? Poche, a meno che non lavori in ambito sanitario. E che ci sia uscito/a per una cena galante, quante? Tendenti allo zero, escluse le “sindromi da crocerossina” o speciali perversioni da collezionisti di handicappati. Ecco allorasei consigli sucome trascorrere un primo appuntamentonel modo più rilassato e disteso possibile, per entrambe le parti. Ché infondo ognuno di noi ha una propria disabilità e qualcosa da “farsi accettare” dall’altro.