RIMBORSOPOLI A MILANO. CONDANNATI BOSSI JR, MINETTI E IL CAPOGRUPPO LEGHISTA ROMEO
Si è concluso oggi il processo durato tre anni, noto come‘Rimborsopoli al Pirellone’con una sentenza di condanna per 52 dei 57 imputati, tutti ex consiglieri ed ex assessori della Regione Lombardia. Il reato contestato ed oggetto di condanna le spese pazze coi soldi pubblici per acquisti personali rendicontati poi come inerenti all’attività politica svolta. Fece scandalo, anni addietro, la lista degli scontrini allegata alle spese da mettere agli atti.Spaziava allegramente dalle cene in ristorante a base di aragoste e sushi, alle colazioni al bar con brioche e cappuccini, non disdegnando gli acquisti in pasticceria o articoli ancora più personali come le cartucce usate per la caccia o biglietti gratta e vinci. Un modus operandi che con la Politica, quella che si occupa del bene dei cittadini,non aveva nulla a che vedere.E che, conti alla mano, per i pm che conducevano l’inchiesta, era costata circa 3 milioni di euro di soldi pubblici. Cioè di noi cittadini, molti dei quali stentano ad arrivare alla terza settimana. Tra gli indagati, e oggi condannati, nomi illustri come Renzo Bossi, per tutti il Trota, ultimogenito del Senature Nicole Minetti, l’ex igenista dentale prestata alla politica per volere dell’ex PdC, Silvio Berlusconi, che in quanto a scontrini rendicontati meritano un posto d’onore. Gomme da masticare, video-giochi, sigarette e persino le patatine, scrupolosamente rendicontate da Bossi jr, condannato dai giudici della X sezione del tribunale di Milano a un anno e otto mesi. Creme e il libro Mignottocrazia tra le varie cose contestate all’ex igienista dentale, condannata pure lei a un anno e otto mesi. Elencare i 52 ex consiglieri condannati (accusati, tutti, di peculato, alcuni anche di truffa) è impresa ardua.Spiccano tra loro i nomi di Massimiliano Romeo e Angelo Ciocca, il primo capogruppo al Senato in area lega, il secondo eurodeputato, anch’esso di fede leghista. Ma anche Stefano Maullu, europarlamentare di FI e Alessandro Colucci, segretario alla camera per il Gruppo Misto. Per i giudici, nessun dubbio: non c’era buona fede in quelle spese. Ma un andazzo consolidato nel tempo.“Se c’era un sistema, c’era certamente da 30 anni e loro lo hanno ereditato in buona fede. Faremo appello, noi puntiamo alla revisione delle condotte contestate perché per noi c’è la mancanza del dolo” nel peculato. Questa la dichiarazione di Jacopo Pensa, il legale di Romeo che annuncia appunto di ricorrere contro la sentenza ritenuta ingiusta.
