QUELLA SU VANNINI, UNA SENTENZA SCANDALOSA

QUELLA SU VANNINI, UNA SENTENZA SCANDALOSA

Era il 17 maggio del 2015, quando Marco Vannini morì nella vasca da bagno della villa dei genitori della sua fidanzata, a Ladispoli. Un colpo di pistola gli aveva trapassato cuore e polmone, ma nessuno lo soccorse. Anzi. L’audio originale della chiamata al 118 è qualcosa di assurdo, truce e spaventoso. Una prima chiamata, con il fratello della fidanzata di Vannini che biascica cose quasi incomprensibili e poi passa il telefono alla madre, che chiude dicendo “nel caso richiamiamo”. Poi la chiamata del padre – Antonio Ciontoli, maresciallo della Marina ed ex appartenente ai servizi segreti, quindi di sicuro non una persona disabituata alle criticità – ancora più imbarazzante e vergognoso. “Il ragazzo è nella vasca da bagno. È entrato nel panico”. Poi le prime deboli ammissioni, sollecitato dall’operatore del 118. “Sì, è caduto un pochino. Su un pettinino. Ha un buchino”. Una roba immonda.Con le urla strazianti di Marco che arrivano addirittura all’orecchio dell’operatore del 118. E poi le indagini condotte in maniera approssimativa, fino a ieri. Quando in appello la pena è stata ulteriormente diminuita. Sia per Antonio, che per la moglie e il figlio.Tutti complici, in quella maledetta sera.Una ingiustizia incredibile, urlata dai familiari increduli di Marco, che ne vedono ammazzata anche la memoria. Non commento mai le sentenze, ma quella sull’omicidio diMarco Vannini è qualcosa di vergognoso. Perché è sempre la stessa storia: i potenti carnefici che se la cavano e le vittime a cui rimane solo rabbia e lacrime da piangere. Un grande abbraccio alla famiglia, non siete soli.