UN LIBRO CLANDESTINO
Se c’è un libro “clandestino”, cioè scambiato come fosse illegale, con le pagine sgualcite, rovinate da annotazioni a biro con calligrafia brutta, con tratti inevidenziatore, discusso la notte schiena a terra sul freddo del pavimento di appartamenti sempre diversi, alla Crocetta e a San Salvario, l’estate a Forte dei Marmi con il parroco in una scuola senza servizi igienici, se c’è un libro che ha segnato la mia post adolescenza, post adolescenza qualunque fosse la mia età effettiva, questo libro è Navi in bottiglia e il suo autore è Gabriele Romagnoli.Era il pre-internet – s’affacciava appena: il settimanale Panorama, ai tempi gaudente ancora di briciole dell’autorevolezza dei decenni prima, dedicava a internet UNA pagina -, era il tempo del giornale di carta, dell’intangibilità di chi ci scriveva, della loro sostanziale inavvicinabilità.Di GR mi ero innamorato nel luglio del 1994, avevo 20 anni, lui 34, per un reportage su La Stampa dal titolo “All’autogrill delle vite smarrite”, il racconto di qualche ora passata ad Arda Ovest, sulla A1, una notte di umido e zanzare. Gli scrivevo, su foglio di quaderno a quadretti strappato dal mezzo, busta francobollo e indirizzo La Stampa via Marenco 32, 10126 Torino.Compravamo il giornale in un’edicola di via Marco Polo alla Crocetta; o di via Ormea a San Salvario, tra gli isolati Marconi e Lombroso (c’è ancora); o da Pennetta in via Nizza, tra Bidone e Raffaello (non c’è più). Chiamavamo il centralino della Stampa, ci facevamo passare i giornalisti, ogni tanto rispondevano, criticavamo i pezzi.A GR scrissi quando lessi che sarebbe venuto nelle Langhe per la rassegna estiva Festival del Parco Culturale Grinzane Cavour, inventato da Soria, quello che finì travolto dallo scandalo dei soldi, ma il festival era bello. Mi chiamò, sul fisso che è stato negli anni 62176, poi 262176, poi 0173262176, della casa in cui sono cresciuto con i miei, un pomeriggio dell’estate del 1996, mi disse che il giornale lo mandava in Sicilia per reportage, non sarebbe sceso nelle Langhe, non avrei potuto – come mi ero proposto – fargli da Cicerone qualora avesse deciso di venire qualche ora prima dell’incontro. Avevo 22 anni, i capelli lunghi che lavavo poco, molti chili, un senso di oppressione, idee decise e sbagliate. Compravo la focaccia oleosa in via Valperga, dopo la mazzetta di giornali in via Nizza, e passavo la mattina a leggere, ad anestetizzarmi di focaccia, lontano dall’università e dai libri di economia, cui ero iscritto.Navi in bottiglia e l’Unplugged dei Nirvana sono stati il libro e l’album di quegli anni. Entrambi del 1993, ma vissuti nel 1995. Sempre in ritardo, come sono io sulle cose – non agli appuntamenti.Domenica l’ho trovato in questa edizione su una bancarella, l’ho presa per 2 euro.
