TASSE. I RICCHI EVASORI, LIBERISTI CON IL C…O DEGLI ALTRI
Si potrebbe partire dalle parole Rutger Bregman. Bregman 30 anni, è uno storico e scrittore (in Italia ha scritto “Utopia per Realisti” uscito per Feltrinelli) e il 25 gennaio scorso è stato invitato a intervenire alForum di Davos, l’annuale incontro organizzato dal World Economic Forum in cui i leader mondiali (c’è scritto così nel volantino) si incontrano con i rappresentati delle grandi società e con i responsabili delle principali organizzazioni economiche. Di fronte all’elegantissima platea (tutta gioielli e vestiti su misura) Rutger Bregman, con il suo riporto biondo che non nasconde per niente la sua calvizie galoppante e con la maglietta della salute che faceva capolino capolino dal colletto sgualcito e scravattato della sua camicia, si è alzato e ha detto, serafico: “È la prima volta che vengo a Davos e la trovo un’esperienza piuttosto incredibile, a essere onesto”. “C’è stato solo un incontro – nascosto tra altre cose, al media center – in cui si è parlato di evasione fiscale. Ero una delle 15 persone che hanno assistito. Qualcosa deve cambiare qui. Dieci anni fa il World Economic Forum si pose la domanda ‘Cosa deve fare l’industria per prevenire un grosso contraccolpo sociale?’. La risposta è molto semplice: smettete di parlare di filantropia e cominciate a parlare di tasse. Tasse, tasse”. Li riconosci subito perché sono divisi in categorie facili facili. Ci sono i liberisti con i diritti degli altri. Fanno sorridere questi capitalisti turboliberisti che d’improvviso diventano nazionalisti e per niente globali. I Berlusconi quando si lamentarono della scalata di Bolloré al loro impero televisivo e improvvisamente il mercato globale (che hanno alimentato ed elogiato per anni) è diventato il peggiore dei mali. Insomma, questi sono liberisti solo se riescono a stare sulla cresta dell’onda del liberismo, altrimenti diventano subito filocubani. Coerenti con l’interesse personale, sempre: quando si è trattato di svendere i diritti dei lavoratori ci accusavano di avere uno sguardo troppo limitato e ora basta un francese come Bolloré per sentirli strillare urlando all’invasore. Ci sono i capitalisti senza capitali. Di questi siamo strapieni. Sono quelli che come capitale non hanno mica soldi (sì, troppo facile): il capitale fondamentale in questo nostro paese è la possibilità di mischiarsi con la politica rendendola convergente agli interessi della propria azienda. Di solito anche loro sono liberisti con i diritti, solo che questi non hanno nemmeno i soldi, cioè hanno quelli degli altri. Chiedete alla Fiat cosa sarebbe stata senza Stato, nonostante allo Stato abbia dato troppo spesso lezioni e si sia dimenticata troppo spesso di ringraziare. Piccolo particolare: i capitalisti senza capitali li ritrovi sempre nelle fotografie del potente di turno. Cambia il potente. Lui lo ritroverete sempre. E infine ci sono i peggiori: gli evasori che pretendono di essere trattatati da filantropi se non addirittura da maghi dell’imprenditoria. In Italia l’evasione fiscale raggiunge i 108 miliardi all’anno: 97 miliardi di tasse e quasi 111 miliardi di contributi previdenziali. Badate bene, è il Ministero dell’Economia a scriverlo nero su bianco. In Italia ha evaso le tasse Valentino Rossi ma soprattutto ha evaso le tasse Gino Paoli, che comunque siede serenamente nelle poltrone alte della SIAE. Problemi seri con il fisco ne ha avuti Flavio Briatore (sì, quello che ci insegna come sia impossibile fare l’imprenditore in Italia perché siamo un branco di imbecilli). Ha patteggiato con il fisco anche Ezio Greggio, che dai banchi di Striscia la Notizia si diverte a randellare tutti gli altri, proprio lui. Lo stesso Cristiano Ronaldo, re degli idoli pagani che l’Italia ha adottato recentemente, ha dovuto patteggiare con il fisco. La Apple ha recentemente trovato un accordo con l’erario italiano: ha pagato 318 milioni di euro furbescamente risparmiati spostando la propria sede in Irlanda. E ha proprio ragione Bregman: dovrebbe essere vietato parlare di filantropia quando nel mondo la disparità (e la furbizia) fiscale è un tratto caratteristico che non si riesce e a debellare e che a pochi sembra importare. Diventa difficile parlare di “Europa unita” se spostarsi di qualche chilometro permette furbescamente di fare schizzare gli utili risparmiando su tasse e su imposte. Avremmo bisogno di qualche lezione di moralità in meno dai nostri grandi imprenditori e di qualche lezione in più di onestà sugli obblighi fiscali da assolvere. Il mondo si salva pagando le tasse, mica con le cene di beneficienza.
