NUOVE ELEZIONI E NUOVE INCOGNITE PER LA SPAGNA

NUOVE ELEZIONI E NUOVE INCOGNITE PER LA SPAGNA

Alla fine ogni tentativo di dare vita a un governo è franata a causa di veti e controveti. La Spagna tornerà a votare il 10 Novembre conPedro Sancheze il Psoe che cercheranno di raggiungere l’agognata cifra di 178 seggi che darebbe loro l’autosufficienza per governare il Paese. Neanche il secondo round settembrino ha offerto la possibilità di chiudere un patto di governo fra i socialisti e podemos, un dialogo arrivato al binario morto con l’inevitabile coda di accuse e recriminazioni. La Signora Montero, che guida assieme al compagnoPablo Iglesiasl’altra forza di sinistra, afferma che la loro formazione non fosse a caccia di “poltrone” mentre è chiaro che in realtà il movimento nato fra una saldatura tra la vecchia sinistra comunista e i movimenti di piazza degli Indignados avevano in animo di entrare nella stanza dei bottoni e far contare il loro decisivo peso parlamentare. La crisi politica non risolta lascia sospesi tutti i nodi politici che angustiano la nazione spagnola e rimette a rischio la governabilità che una nuova elezione dopo sei mesi potrebbe non garantire mentre certamente aumenta, generalizzata, la sfiducia nei confronti della classe politica che si appresta a svolgere nella polemica e nel tumulto una campagna elettorale che il dibattito delle Cortes di ieri ha vistosamente anticipato. Pedro Sanchez, che non è Salvini, chiederà agli spagnoli maggiore forza e tenterà di governare senza dover dipendere da Podemos o dai rappresentati delle autonomie locali e dagli indipendentisti catalani. Confida nell’arretramento dei centristi di Ciudadanos che si sono negli ultimi mesi collegati alla destra del PP e addirittura all’ultradestra nazionalista di Vox, la rivelazione delle ultime elezioni, e farà appello a quell’elettorato riformista che aveva salutato la nascita della formazione di Albert Rivera come una reale novità politica. Cercherà di convincere le aree più “pactiste” della sinistra/exIU provenienti dal sindacato che si sono sempre dimostrate disponibili al dialogo con i socialisti. Certamente una parte della sinistra più generale ha giudicato molto negativamente questo secondo accordo abortito delle sinistra spagnole chenon hanno saputo emulare i vicini portoghesi, d’altronde la società spagnola è ancora attraversata dalle serie lesioni economiche e sociali inferte durante gli anni della crisi e dell’ondata di discredito nella quale sono cadute le due forzedominanti della politica spagnola dall’inizio della stagione post-franchista. Nel cuore della campagna elettorale saranno fondamentali gli eventi extra-politici che influenzeranno il futuro della questione catalana. La minaccia di secessione territoriale è sempre ben presente nella politica spagnola, il tentativo di dissimulare l’angustia della classe dirigente del Paese per un orizzonte tutt’altro che limpido è malcelato dal nervosismo che è trasparso anche ieri nelle parole di Sanchez che, rispondendo piccato al portavoce di Esquerra Repubblicana, bollata dal Premier “come una curiosa sinistra che pretende la secessione di una parte ricca del Paese dalle altre più povere”, è tornato a minacciare l’applicazione del famigerato art.155 che di fatto scioglie l’autonomia regionale della Catalogna nel caso le minacce di “disobbedienza civile” pronunciate dal Governo di Barcellona calpestassero le leggi dello Stato. L’ottobre elettorale si preannuncia come una vera e propria gimkana fra l’attesa della sentenza contro la cupola del secessionismo politico catalano, la sentenza del Tribunale Europeo che rimetterebbe in libertà il leader di Esquerra Repubblicana, Oriol Junqueras, e le ricorrenze che sono diventate appuntamento politico della celebrazione del Referendum del Primo Ottobre (1-O) mentre l’11 in tutto il Paese si celebra la Fiesta dell’Hispanidad con tutto il corredo nazionalista che naturalmente verrà rispolverato da una nazione che si sente minacciata nella sua integrità. Sanchez spera di dividere i fronti che si concentreranno con il loro fuoco, ha forze europeiste, di sinistra e di stampo autonomista che potrebbero rompere il vincolo con le formazioni ufficiali (tanto inCatalognache nei Paesi Baschi)che potrebbero fornire al Psoe l’utilità marginale decisiva per governare il Paese, mentre il Partito Popolare non riesce a venire a capo della frammentazione che nel suo campo lo ha portato ad Aprile a raggiungere il minimo storico. Da allora a novembre non sono cambiate moltissime cose nella penisola iberica, tranne il fatto che i cittadini, in definitiva i veri arbitri di questa partita hanno perso un po’ la pazienza. Si spera nella saggezza di un antico popolo e nella rapiditàdella campagna elettorale dei tempi moderni. La stabilità spagnola è preziosa anche per tutta l’Europa.