WELLINGBOROUGH, LA RIVOLUZIONE COPERNICANA, DALLA PUNIZIONE AL RECUPERO
Non sappiamo come finirà, non sappiamo se la realizzazione sarà all’altezza dei principi che la hanno ispirata, ma quello che si preannuncia per il nuovo carcere di Wellingborough è per certi aspetti rivoluzionario.A fronte di una situazione carceraria drammatica, in Gran Bretagna si pianifica strategicamente con un nuovo modello di carcere che sulla carta renderà più dignitosa la detenzione e possibile la rieducazione.Luce, luoghi di incontro, spazi ampi, giardini, ventilazione accurata, sale per seguire corsi, utilizzo di nuove tecnologie: una nuova struttura volta a favorire relazioni e a facilitare il compito rieducativo.Nel concreto dovrà essere il più grande progetto di ricerca nel suo genere, dove le scelte edilizie hanno eliminato i blocchi di gallerie in stile vittoriano, rimosso le barre dalle finestre e sistemate le celle in gruppi più piccoli attorno a cortili pieni di verde. Il centro visitatori promette di essere una sala ariosa in legno simile a un caffè Ikea. La struttura presenterà sette blocchi di alloggi separati e altri sette edifici ausiliari. Situazione architettonica che renderà l’isolamento più difficile per i 1680 detenuti finali. La vecchia prigione di Wellingborough era stata chiusa nel 2012, perché la struttura era obsoleta e poco stabile a livello edilizio.L’obiettivo finale è il carcere modello scandinavo, dove si progetta una vera e propria rieducazione (istruzione, formazione, servizi sociali). E lo spazio architettonico parte da qui, da questa esigenza, utilizzando e pensando a nuove tecnologie e realtà virtuale.Siamo al ritorno di un vecchio sogno socialdemocratico: perché se sei in prigione, è anche in qualche modo colpa della società in cui vivi ed è dunque responsabilità della società stessa riabilitarti.E questo non a caso proprio quando l’idea del carcere punitivo mostra tutta le sue conseguenze. Il progetto – che il Guardian definisce “epico” – nasce infatti dalle condizione dei detenuti in Gran Bretagna: il numero più alto in Europa occidentale di reclusi (oltre 84 mila), sovraffollamento, episodi di violenza frequenti e in crescita, il 20 per cento di decessi in carcere in più rispetto all’anno precedente. Il tutto in presenza di un drammatico tasso di recidive. Una situazione talmente tanto grave che in maggio, un tribunale olandese ha deciso di bloccare l’estradizione nel Regno Unito di un trafficante di droga per il rischio che l’uomo potesse subire un trattamento “inumano e degradante” nel carcere di Liverpool.Una situazione drammatica che è dunque al centro dell’interesse e dell’attenzione internazionale, come per altro succede con quella italiana. Da qui l’esigenza di ripensare alla politica carceraria e alle scelte e ai finanziamenti a essa connessi. E lo fa nella giusta direzione pensando strategicamente al lungo periodo, all’obiettivo rieducazione dimenticando il concetto primitivo della punizione.E nella stessa direzione, seppur in scala minore, il nuovo concorso per architetti della Triennale di Milano per quanto riguarda il nuovo design di San Vittore. L’obiettivo è riprogettare integralmente il penitenziario, dalle celle alle mense, dal cortile agli spazi comuni. Ed è previsto il coinvolgimento dei detenuti stessi nella definizione del progetto. Ma i fondi in questo caso saranno privati.
