AUSTRIA. STRAVINCE IL POPOLARE KURZ, DEMOCRISTIANO DI DESTRA DEL TERZO MILLENNIO

C’è poco da prenderlo in giro. Il premier austriaco Kurz, un millennial dai capelli gelatinati che qualcuno aveva assimilato al nostro Di Maio, ha conseguito un brillante successo alle elezioni di ieri. Ha creato vittime a destra e a manca. Ma mentre la crisi dei socialdemocratici, compensata da uno speculare ottimo successo dei Verdi, segue un trend conosciuto, in costante discesa, tanto da non fare notizia, quello della destra estrema (FPO), il così detto partito liberale, è un vero tracollo che ha colto molti di sorpresa. Merito di Kurz o demerito dei suoi concorrenti, gli alleati di ieri ma, sembra proprio, non di domani? Sull’estrema destra pare avere pesato come un macigno la figuraccia di mesi addietro dell’allora vicepremier Strache. Un romanzetto da bar di periferia, sia pure di Ibiza. Un testa a testa con una piacente e sé-dicente agente russa, ripresa in filmato dai potenti mezzi di chissà chi. In essa l’allora vice premier contrattava ingenti entrate per il proprio partito in cambio di una linea politica che avrebbe dovuto mandare in visibilio Putin. Il tutto con toni etilici di livello tale da non lasciar dubbi sull’assunzione di bevande alcooliche in quantità. Non di soli mojito vive l’uomo. Insomma una esibizione che pareva fatta a bella posta per screditare il politico “liberale”, che peraltro ci riusciva benissimo senza essere provocato. Una trappola per gonzi, nella quale i più videro la mano di qualcuno che a Strache, poi dimessosi, voleva male, tanto è vero che il filmato venne proiettato mesi dopo, come una bomba ad orologeria, proprio quando poteva risultare a lui maggiormente nocivo. La mano di Putin parve allora impegnata altrove. Basta questa vicenda per giustificare, nella più o meno astemia Austria, un tracollo degli uni e un boom del giovane e sobrio gelatinoso Kurz? Non banalizziamo. La stella di Kurz e del suo Partito Popolare (OVP) pare infatti brillare anche di luce propria, senza dovere ringraziare più di quel tanto le disgrazie altrui. Quella luce che illuminò la nostra democrazia cristiana negli anni 50. Capace di accaparrarsi i favori anche di un elettorato di estrema destra con tattiche che denotavano notevole elasticità e opportunismo. Innanzitutto una buona frequentazione, fino dagli anni dell’università, degli ambienti che contano nella Ue, tale da permettergli simpatie e appoggi dai popolari ultra destri di Visegrad (come Orban) quanto dalla leadership berlinese di Angela Merkel. Poi qualche competenza, sua e del suo staff, in materia economica, che gli ha suggerito di fissare la data elettorale al momento migliore. Quando ancora l’Austria risente dell’effetto positivo del traino della locomotiva tedesca, ma non sono ancora altrettanto percepibili i sintomi negativi del suo rallentamento. Decorativa la proposta di concedere la cittadinanza anche austriaca agli altoatesini, avanzata con quel tanto di mellifluo garbo sovranazionale che non faccia saltare troppo la mosca al naso nemmeno a noi. Ma soprattutto il tema della immigrazione. Niente di sostanzialmente diverso dai Popolari del gruppi di Visegrad, ma con quel tanto di originalità formale che lo renda più o meno accettabile anche dai probabili futuri alleati di governo (i socialdemocratici dell’SPO). Non molti i profughi in Austria e pochissimo graditi come in Ungheria, ma comunque abbastanza da non essere tacciati di altrettanto razzismo. Promesse di rimpatri in massa (50mila entro l’anno), ma blandite dalla sottolineatura di progetti di ritorno volontario (a colpi di 500€ a testa). Con l’Italia un via vai al Brennero dovuto, in entrata, a chi proviene da sud attraverso la rotta dei Balcani. Ma anche, in uscita, agli afghani intercettati dalle parti della frontiera. Qualcosa di simile a quanto avviene in quel di Ventimiglia ma, grazie anche anche al numero ridotto, con episodi di truculenza moto più esigui. Tutta da cerificare infatti la situazione ai confini con la Slovenia, ma da quelle parti il filtro della rotta balcanica avviene prima, grazie al braccio armato della polizia croata più a sud, verso la Bosnia e la Serbia. Insomma un mix di opportunismo, abilità e fortuna che finora hanno portato bene al giovane Kurz. Dal punto di vista ideologico pesa probabilmente il requisito di incarnare lo spirito dell’Europa attuale. Quello di chi è capace di portare avanti un progetto di destra senza sensi di colpa, con l’alibi di impedire, in tal modo, l’affermarsi di una destra ancor più minacciosa e lugubre. A ben vedere sono stati proprio i popolari ed in particolare la loro anima di destra, a costituire l’asse portante di quella risoluzione del parlamento di Bruxelles che suffragava analogie tra comunismo e razzismo. Qualcuno ci ha detto che ha rappresentato il male minore. Per il male maggiore c’è tempo. Ma non si sa bene quanto.