IL VESTITO ROSSO

Una scrivania in noce imponente. Un mobile che profuma di antico come quei codici che , apparentemente a caso, languidi vi giacciono sopra. Una poltrona che diviene trono di quel regno in cui spesso si decide della vita di un uomo. È necessaria quella scrivania. Essenziale quella poltrona.È la linea di confine. È quel filo sottile che impedisce all’ empatia di fare di ogni caso una questione personale. Capita a volte di volere innalzare muri invalicabili per impedire al dolore di sommergere persino la tua anima, per non vedere sguardi delusi nell’ ascoltare un “In nome del Popolo Italiano” che condanna, ferisce, tradisce. Poi capitano certi pomeriggi…Immersa nel traffico cittadino, mentre lo stereo su Phoenix, la nuova macchina, espande le note di “E Lucean le Stelle “, mentre Placido Domingo intona il suo Muoio Disperato, il pensiero anarchico va alle donne curde. Un flash, dentro la tristezza.Tosca mi avvolge e i loro sorrisi fanno affiorare le mie lacrime.Erano donne. Le forme dentro le mimetiche tradivano le curve sinuose. Le avevano nascoste come antiche Amazzoni a mutilare un seno , ribelli per non essere domate. Donne anche dentro abiti da guerra. ” E non ho amato mai tanto la Vita “…Ho visto i loro sorrisi.Si immolano per vivere un giorno libere o morire cantando libertà. Donne. Che bella veste!Il mondo ha deciso silente il martirio…Rosso è l’ abito dei martiri. Il pensiero dell’ attacco turco sferrato contro il popolo Curdo mi accompagna fino alla scrivania . La minaccia di Erdogan di aprire le frontiere ai profughi e ai migranti, zittisce l’ Europa, che come ameba senza spina dorsale rimane prona, succube del ricatto e della sua paviditá. Lei mi aspetta. Era bella un tempo. Lo dicono i suoi occhi di un azzurro limpido che incantano su un volto precocemente invecchiato. Lo dice quel corpo slanciato infagottato in informi abiti, usati da qualcun altro prima di giungere a lei. La guardo. Devo consegnarle una cosa importante. Lei lo sa.Ha combattuto tanto per averla. Contro i retaggi. Le convenzioni. I pudori. La vergogna. La sconfitta di femmina e donna.Ha combattuto contro l’ umiliazione delle botte e delle parole velenose che ammorbano l’ anima annientando l’ autostima. – Quaranta anni ho aspettato questo momento- mi ha detto. Tre anni fa ha trovato il coraggio. Oggi quella scrivania che protegge la mia anima dal coinvolgimento, era un orpello inutile.Volevo abbracciare quella donna. – Libera- mi ha detto ._ A sessanta anni , ricomincio a vivere! – Le consegnai le chiavi della sua Libertà, quella sentenza che tante volte e per tanto tempo aveva solo immaginato , sperato, sognato. Aveva pagato prezzi altissimi quella Donna per riscattare se stessa. Aveva regalato al Tempo e a un uomo la sua pace per vivere in guerra. Ora ” Libertà” gridavano le sue mani tremanti mentre stringevano quel foglio dove era racchiusa una vita. Ho ripensato alle donne curde…– Cosa farà adesso?- chiesi con la voce incrinata dall’ emozione. – Comprerò un vestito. Un vestito Rosso! – mi rispose. Non era un vestito qualsiasi. Lo capii dal suo sguardo.Era il vestito della Libertà rosso come il sangue della Passione, quella che sprona a vivere e a morire per un sogno, un ideale , un attimo che valga un’eternitá. Mi abbracciò. La vidi stupenda con quell’abito.Un vestito Rosso…a ridere , coi sorrisi di tutte le donne del mondo anche di quelle che oggi piangono…che oggi muoiono!