I “MIEI COMPAGNI DI SCUOLA” CRONACHETTA DI UNA CENA IN 14

I “MIEI COMPAGNI DI SCUOLA” CRONACHETTA DI UNA CENA IN 14

“Tu c’hai avuto un crollo dell’ottavo grado della scala Mercalli” sfotteva il sarcastico Angelo Bernabucci nell’ilarità generale, stentando a riconoscere, tanti anni dopo, il povero e dimesso Fabio Traversa. Una scena di “Compagni di scuola” che tutti ricordano. Nella vita Bernabucci non c’è più, è morto qualche tempo fa; Traversa, invece, fa ancora l’attore con quella faccia patibolare. La vita e la morte non rispettano mai le leggi dello spettacolo.Difficile, però, non ripensare a quella memorabile sequenza del film di Carlo Verdone ogni volta che ci si rivede per una rimpatriata a cena tra compagni di liceo. Magari anche per esorcizzare un po’ la situazione sulle prime nervosetta, quando impieghi un attimo per riconoscere qualcuno dei convitati.Ieri sera, venerdì, ci siamo rivisti a distanza di cinque anni dall’ultima bisboccia. Non è stato facile mettersi d’accordo, ogni volta è sempre più complicato trovare una data, quello abita a Bergamo, l’altro a Torino, io a Roma, ma poi scatta qualcosa di buono, passato il primo imbarazzo.Eravamo in quattordici, non tanti, ma buoni. Purtroppo mancava il professor Ninni Montesi, scomparso ad agosto (veniva sempre volentieri). Abbiamo mangiato, bevuto, chiacchierato, scherzato, ricordato, commentato, biasimato, ciacolato, sfotticchiato; e solo alla fine, mentre il ristorante sulle colline di Senigallia si svuotava e finalmente calava il silenzio, siamo riandati con la memoria agli anni del liceo, classe A, direi senza nostalgia, perché l’adolescenza non è una bella età, ma con la consapevolezza che quei cinque anni passati insieme un fondo ci hanno uniti un po’ per sempre.E poi, benché invecchiati, sappiamo ancora difenderci, nessuno s’è comportato alla maniera di Bernabucci in “Compagni di scuola”. Ci siamo piaciuti. Ho rivisto come sempre con piacere, cito solo i nomi, Enrico, Francesco, Roberto, Giovanna, Maria Grazia, Anna, Gigliola, Colello, Fabio Maria, Carla, Stefano, Francesco e Riccardo, “il capoclasse” che tanto si spende con la chat e nell’organizzazione della serata.Certo, gli acciacchi ci sono, ho dovuto tirar fuori il Brufen 600 che porto sempre con me per uno degli amici con un dolore acuto al ginocchio, un altro mi ha parlato dei suoi tormenti alla colonna vertebrale, un’altra di una frattura alla gamba che fa ancora male. Ma l’atmosfera era cordiale, anche spiritosa, per nulla lagnosa, diciamo pure affettuosa; e male hanno fatto, mi sento di dire, coloro che, a lungo cercati e “corteggiati”, nulla hanno fatto sapere, facendo trasparire un atteggiamento del tipo: “Ancora state dietro a queste cavolate?”.Sì, stiamo dietro a queste cavolate. Che poi tali non sono, lo dico agli assenti antipatici, perché ogni volta che ci si rivede poi si torna a casa, almeno così capita a me, con la sensazione di non aver sprecato la serata. Anzi mi pare di aver rinsaldato un legame e la scuola, in fondo, diventa solo un pretesto per far riecheggiare qualche episodio lontano, buffo o drammatico, pensando magari ai compagni di classe che non ci sono più.Lo scrittore americano Kurt Vonnegut scrisse una volta: “Il vero terrore è svegliarsi una mattina e scoprire che i tuoi compagni delle scuole superiori stanno governando il Paese”. Ecco, non è così, grazie a Dio, nel mio caso.