DIALOGO TRA UN LIBRAIO E UNO SCRITTORE

DIALOGO TRA UN LIBRAIO E UNO SCRITTORE

Ieri sono entrato in una libreria che frequento da anni. Saluto il proprietario, si chiacchiera.«Come sta andando “Niente di personale”».«Bene», mi risponde. E poi aggiunge: «però adesso ne ho una copia sola e l’ho messo in scaffale».E io: «ma a scaffale è come farlo scomparire. Nessuno guarda gli scaffali».E lui: «Hai ragione. Ma guarda su questo tavolo. Sono le novità di narrativa di questi dieci giorni».Il tavolo è lunghissimo. Non riesco a contare i titoli, saranno più di 100, e tutti di grandi e medi editori.Il librario sorride: «lo sai che più della metà di questi titoli resta un mese sul bancone e non vende neanche una copia, vero?».«E perché li tieni sul bancone, e non esponi invece i titoli buoni?».«Sarebbe la cosa giusta. Il tuo venderebbe molto di più. Ma devo tenerli qui perché mi fanno ordinare molte copie di ognuno di questi autori».«E tu non vorresti?».«No che non vorrei, ma se non lo faccio non mi applicano gli sconti».Poi mi guarda: «senti il tuo lo riordino. Cerco di metterlo da qualche parte».«Ti ringrazio». È cosi che funziona. Lo dico a voi, che entrate e girate per le librerie. E non vedete i libri. Perché la logica è tutt’altra. Lo dico ai librai e ai cosiddetti operatori culturali. In questi anni si stampa sempre di più (70 mila novità all’anno) e si legge sempre meno. In questi anni le amministrazioni pubbliche (ovvero noi) hanno speso e continuano a spendere milioni di euro in festival, kermesse, eventi, e quant’altro, e per l’intera penisola. Tutto questo avrebbe dovuto generare un paese migliore, culturalmente attento. Avrebbe dovuto stimolare, aprire le menti, portarci a comprendere i fenomeni della contemporaneità, renderci più tolleranti, sviluppare la dialettica, favorire i distinguo, le sfumature, riconoscere il valore delle cose, delle immagini, delle parole, del pensiero, soprattutto quando è differente e originale. È andata così? Lo chiedo a voi. E ve lo richiedo ancora una volta: è andata così? O invece dopo tutta questa iniezione di libri, eventi, festival, siamo diventati un paese ignorante, arrogante verso la cultura, ma anche – dal lato opposto – con intellettuali altrettanto arroganti, autori di libri che vanno in televisione e appena aprono bocca ti viene voglia di non leggere mai più. Cosa è accaduto veramente? Non sarebbe il caso di pensare a una sorta di stati generali della cultura in un paese ormai sfinito?