IL FURTO DEGLI IDOLI: LA SAGA DELLA CHIESA MEGLIO DI DAN BROWN

IL FURTO DEGLI IDOLI: LA SAGA DELLA CHIESA MEGLIO DI DAN BROWN

Lo dico in latino per adeguarmi all’argomento: Dan Brown gli fa una pippa. E poi lo dico anche da lettore stupefatto di cronache e giornali: ma guarda che razza di storia. Vabbé, prima la cronaca. In una meravigliosa alba dell’ottobrata romana, alcuni tizi entrano in una chiesa molto importante (Santa Maria in Traspontina, 90 secondi a piedi dalla cattedrale di San Pietro), rubano alcune sculture in legno, escono e le buttano nel Tevere. Filmano tutto e diventano più o meno eroi dell’ala destra della Chiesa, quelli che fanno la guerra a Francesco, che apre troppo, esagera, fa casino, rinnova di corsa, stai calmo, amigo. Oggetto del contendere, il sinodo dell’Amazzonia, convocato dal papa, dietro il quale si combattono una guerra politica e una guerra di religione, il tutto all’interno della stessa religione. Si mettano nel conto anche dissesti economici, sgambetti, dossier, accuse di qua e di là, dispute teologiche, frizioni politiche, fino al furto in chiesa (Dan Brown, come sopra). In soldoni: il sinodo dell’Amazzonia si occupa di cose toste come la difesa del pianeta, il fatto che quei milioni che vivono là, accanto alla foresta, sono un po’ seccati che gli taglino il posto in cui vivono allo scopo di coltivare mangime per futuri hamburger. Naturalmente (mea culpa) non ho nemmeno la più pallida idea di come funzioni un sinodo, discuteranno tra loro, credo. Ma intanto, nelle cerimonie di apertura, le popolazioni indigene hanno portato in dono queste statue di legno, che raffigurano la Pachamama, cioè una donna incinta, cioè, per loro, la Madre Terra, da cui viene tutto, eccetera eccetera. Insomma, un dono simbolico, un pezzo consistente della cultura india, un buon auspicio per il dialogo. Finché un commando di aspiranti Templari ruba le statue e le butta nel fiume (notevole la zoomata mistico-turistica su Castel Sant’Angelo). E’ vero che un giro esplorativo nella galassia internet degli ultra-cattolici è sempre istruttivo (tipo andare a cena con Bonifacio VIII), ma stupisce lo stesso di trovarsi di fronte al ragionamento tipico delle guerre di religione. Simboli nemici, sacrilegio. Il furto è definito “Autodifesa”, oppure “Cattolici gettano gli idoli nel Tevere”, o “Non è furto ma legittima difesa”, poi via con citazioni, versetti, pezze d’appoggio, sacre scritture per dire che gli idoli pagani, eccetera eccetera, guai vade retro, pussa via, buttamolo ar fiume. Disputa dal sapore vagamente ztl-medievale, d’accordo, ma attenzione che la curvatura farsesca non faccia velo alla sostanza. Non solo all’interno della Chiesa e contro questo papa ci sono pressioni e fronde e dispetti a non finire, ma si agisce anche con azioni che travalicano un pochino il codice penale. Chiunque abbia mai frequentato uno stadio sa che comincia così, prima ci si ruba le bandiere e poi finisce a botte (si perdoni il paragone). Disputa teologica, ma anche segno di fortissima pressione e di scontro ideologico, tipo la ragazza Greta che avverte il mondo dell’emergenza (in questo caso il papa), contro i suoi insultatori e denigratori professionisti à la Feltri (in questo caso i ladri di statue). E’ una serie che va avanti da duemila anni, quindi attendiamo le prossime puntate e i prossimi secoli, ma intanto si registra, sempre per la cronaca, un’impennata mediatica dei tradizionalisti, Così tradizionalisti, da mettere le loro gesta su Youtube. Dai, cazzo, un po’ di coerenza! Giovanna d’Arco non l’avrebbe mai fatto.