SILVIA,15 ANNI, AMMESSA TRA GLI UNIVERSITARI DEL CONSERVATORIO
“Gli esseri umani si dividono in due: quelli che da piccoli hanno avuto la fortuna di incontrare almeno un docente di quelli che ti portano il fuoco e ti lasciano il segno – ebbene quelli si salvano, persino se sono nati in un ghetto – e gli altri, che invece questa fortuna non l’hanno, e incontrano soltanto docenti annoiati, e allora si perdono”. anche qui, probabilmente, nel caso di Silvia, tutto è nato dall’incontro con una maestra.Studia al secondo anno di liceo classico e al pomeriggio è stata ammessa tra gli “universitari” del Conservatorio. Studia insieme ai coetanei ma cresce anche con una passione, la insegue in direzione ostinata e contraria, la fa diventare talento. Quelli come lei sono piccoli, eppure tanto grandi. sanno scegliere (e quindi rinunciare). hanno chiaro quel che vogliono – molto più di noi, di me. *****Ogni mattina sale sul bus carica del suo violino, oltre che dello zaino di scuola. Da piazzale Susa arriva al Parini, dove frequenta il secondo anno di liceo. Finisce le lezioni e corre verso il Conservatorio, divorando un panino (o due) durante il tragitto: quello è il suo pranzo. E lì comincia la seconda vita, quella da : Silvia Borghese, in virtù dello straordinario talento musicale, a 15 anni appena compiuti è stata ammessa tra gli Accademici (ovvero al triennio, come fosse l’ottavo anno). “I miei genitori non ne possono più di me così secchiona, tra libri e arpeggi – scherza -. E’ una croce la loro perché anche mia sorella maggiore, a suo tempo, ha fatto lo stesso: si è innamorata del violino ed è stata eccezionalmente ammessa al triennio del Conservatorio, quando ancora era al Berchet. Lei però poi ha cambiato liceo, è andata al musicale. Io invece voglio continuare al classico”. Le due sorelle suonano lo stesso strumento e gareggiano entrambe a livello internazionale, ma rigorosamente in classi di concorso diverse. I genitori ci stanno molto attenti, smussano le competizioni in famiglia. Fanno tutt’altro lavoro – la mamma biologa, il papà ingegnere – e hanno quattro figli in tutto, i due maschi patiti di sport, anche loro a livello agonistico. “Ci hanno sempre insegnato a portare alta la bandiera delle passioni”, riconosce Silvia. Non è facile incastrare scuola tradizionale, peraltro con media di voti superiore al 7, e musica a quei livelli. “E’ un impegno ingombrante tra concerti, esercitazioni, concorsi. I miei coetanei fanno una vita spensierata, in confronto. Io di tempo libero, non ne ho. Eppure sono felice”. A sentirla, pare più matura della sua età: “A scuola non chiedo particolari aiuti, se non per singole interrogazioni che i prof evitano di mettermi nei giorni dei concorsi musicali. Anzi approfitto per ringraziarli proprio perché non mi regalano nulla”, afferma a sorpresa. “Loro rimangono severi rispettando le mie scelte. Sono dalla mia parte ma non mi fanno sconti. Così secondo me tengono alta la loro e la mia professionalità”. Minuta, bionda, coda di cavallo e occhialini tondi: al mattino, tra i banchi del Parini, è circondata da coetanei; di pomeriggio, al Conservatorio, siede invece con studenti che hanno più di vent’anni. “Mi sento un po’ un ibrido ma imparo tantissimo. Mi spinge una forza che non so spiegare. La musica mi rilassa, quando suono è come entrare in trance. Le difficoltà spariscono di colpo e le mani vanno da sole”. Non è questo il talento? Ha iniziato a suonare a 7 anni con una maestra eccezionale che le ha acceso la passione, e ad un certo punto l’ha spinta a conseguire da privatista la certificazione pre-accademica e poi a tentare l’esame di ammissione al triennio del Conservatorio, incredibilmente superato: “Nessuno credeva più di me e lei che fosse possibile”, sorride. Adesso l’ha presa sotto l’ala un’altra docente, Maria Caterina Carlini: “Il violino mi ha dato metodo, insegnato la concentrazione utile anche a scuola – conclude semplicemente -. Spero che i miei prof al Parini siano un po’ orgogliosi di me”.