LIBANO: UN NUOVO GOVERNO ALL’ORIZZONTE, MA LA PROTESTA NON SI FERMA

LIBANO: UN NUOVO GOVERNO ALL’ORIZZONTE, MA LA PROTESTA NON SI FERMA

(AGI) – Beirut, 19 dicembre – Dovrebbe essere Hassan Diab, docente e vicepresidente della American University di Beirut (AUB), il prossimo primo ministro del Libano, a cui verrà affidato l’incarico di formare un nuovo governo in un momento di forte crisi socio economica per il Paese dei Cedri. Sessanta anni, ex ministro dell’istruzione durante l’esecutivo guidato da Najib Mikati (2011-2014), Hassan Diab secondo fonti parlamentari avrebbe già la maggioranza dei voti (70) in Parlamento. Dopo una serie di rinvii, infatti, giovedì il presidente della Repubblica Michel Aoun ha avviato le consultazioni parlamentari per la ricerca di un nuovo premier condiviso dalle varie forze politiche, in seguito alle dimissioni di Saad Hariri il 29 ottobre, stimolate dalle proteste di piazza iniziate il 17 dello stesso mese. Secondo i media locali, il fronte parlamentare della Resistenza (12 seggi), guidato dai partiti sciiti di Amal ed Hezbollah, avrebbe espresso la preferenza per il professore universitario nel ruolo di prossimo premier, sulla quale convergerebbe anche il loro principale alleato, cioè la Corrente Patriottica Libera (FPM) fondata dallo stesso Capo di Stato Aoun e guidata dal suo genero, nonché ministro degli Esteri, Gebran Bassil. Hezbollah, Amal, Fpm, l’altro partito cristiano del Marada (5 deputati) e altre formazioni minori controllano 70 seggi in Parlamento, cioè la maggioranza (in totale sono 128).Il blocco guidato dal Partito Socialista Progressista druso di Walid Jumblatt (9 seggi) ha espresso invece la preferenza per la nomina del giudice e ambasciatore Onu Nawwaf Salam, appoggiato anche dai cristiano-nazionalisti del Kataeb (Falangisti, 3 deputati). Salam tuttavia avrebbe ottenuto poco più di una decina di preferenze, e il quotidiano Annahar da’ già per certa la nomina di Diab. I due blocchi sunniti, quello centrista di Najib Mikati e quello del Movimento Futuro di Saad Hariri, si sono invece astenuti, così come le Forze Libanesi (destra cristiana) di Samir Geagea. Saad Hariri ha rinunciato l’altro ieri a correre nuovamente come premier, dopo che la scorsa settimana si era fatta concreta l’ipotesi di una sua nuova nomina, alla guida di un governo di tecnici. I manifestanti in piazza chiedono un esecutivo totalmente composto da tecnocrati, accusando l’intera classe politica di corruzione. E’ tuttavia difficile che il prossimo governo non abbia figure politiche – sopratutto dei partiti di maggioranza – al suo interno. Secondo quanto riferito alla AFP da Imad Salamey, docente di scienze politiche della AUB, sebbene il professor Diab sia una figura formalmente tecnica e non politica, la sua nomina potrebbe aggravare la crisi in Libano, per via dello spostamento degli equilibri istituzionali: con la nomina di Diab, infatti, il governo libanese si sposterebbe ulteriormente a favore del blocco guidato da Hezbollah, ma a differenza di quanto accaduto con l’esecutivo di Hariri, questa volta non potrebbe contare sul consenso del blocco sunnita. Il rischio è quello di un inasprimento graduale della divisione politica tra sunniti e sciiti. E’ bene ricordare, infatti, che Hassan Diab è stato ministro dell’Istruzione di un governo – quello del citato Mikati – subentrato al primo guidato da Saad Hariri, al quale il blocco della Resistenza ritirò la fiducia, costringendolo a dimettersi. Il Libano vive una crisi socio economica senza precedenti. Con la spada di Damocle del doppio debito (di bilancia commerciale e pubblico), assieme alla tragica carenza di servizi pubblici e infrastrutture (sopratutto per quel che concerne la rete elettrica, quella idrica e la gestione dei rifiuti), negli ultimi due mesi si sono acuite anche le crisi bancaria e monetaria. La lira libanese ha perso circa il 30% del suo valore sul mercato nero, e le banche hanno applicato un tetto mensile ai prelievi in dollari. Il tasso di disoccupazione ha toccato il 12%, compresi i residenti stranieri (circa il 20% della popolazione attiva, sopratutto palestinesi e siriani, tra i quali il tasso è più elevato, escludendo chi vive nei campi profughi); il tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni ha toccato il 23%, mentre quello per i giovani laureati ha raggiunto il 36%, senza contare le decine di migliaia di libanesi – mediamente qualificati – che sono andati a cercare lavoro all’estero. Nel frattempo, la protesta dei libanesi continua nelle principali città, anche se la situazione di sicurezza sembra tornata sotto controllo rispetto agli scorsi giorni, nei quali si sono verificati scontri tra manifestanti e le Forze di Sicurezza, o con sostenitori di alcuni partiti di governo. La piazza chiede l’istituzione di un governo interamente tecnico, preludio alla formazione di una nuova legge elettorale e nuove elezioni. Una urgenza che però non sembra essere presa in piena considerazione dall’establishment e dai partiti che hanno ottenuto dei seggi in Parlamento alle elezioni dello scorso anno. E che sembra parzialmente confliggere anche con la necessità di formare un esecutivo in tempi più rapidi possibile, come richiesto da una comunità internazionale che dovrebbe così garantire al Paese un vitale pacchetto di aiuti da circa 12 miliardi di dollari. (AGI) LBY