QUANDO LE DONNE FANNO SQUADRA

QUANDO LE DONNE FANNO SQUADRA

Siamo cresciute con la convinzione che noi donne non sappiamo fare squadra.Quando eravamo piccole, eravamo noi le più brave a scuola. Loro giocavano a calcio, facevano a botte, organizzavano piani sofisticati per dare fuoco alla scuola, ma quasi nessuno di loro prendeva voti più alti dei nostri.Noi crescevamo più in fretta, eravamo più indipendenti, pratiche, veloci. Loro avevano bisogno del gruppo, erano più bravi con la play che con le declinazioni, facevano scherzi stupidi e infantili.Sembrava scritto che saremmo state noi quelle della leadership e loro quelli a fare la calza (quella da calcetto, alta sotto al ginocchio).E invece.A un certo punto della storia, noi abbiamo iniziato a preoccuparci della linea, dei capelli, del vestito più bello, delle tette o non tette. Ci siamo prese per i capelli per il capitano della squadra, ci siamo fatte la guerra a due a due per la coppa delle più popolari, abbiamo trasformato l’indipendenza in individualismo.Siamo cresciute, in costante competizione fra noi per quella fetta esigua che ci era riservata nello spazio sociale e, soprattutto, per la conquista del maschio papabile.Quella è una stronza, guarda come è ingrassata, mi ha fregato il ragazzo, è una sfigata.Molte di noi sono convinte che sia fisiologico, che sia la natura a renderci così. Io non credo. Credo piuttosto che ci siamo conformate a quello che secoli di patriarcato ci ha inculcato fin nelle ossa. Che noi ci pugnaliamo alle spalle per l’attenzione di un uomo. Che forse abbiamo amicizie, ma di sicuro non sappiamo fare alleanze. Che non sappiamo fare business, parlare di denaro, concretizzare. E che, se lo sappiamo fare, è solo perché abbiamo in noi tanto “maschile”.Io credo invece che, se ci diamo un’opportunità, possiamo farcela. Possiamo costruire reti, nonostante le gravidanze e i bambini, nonostante il ciclo, gli ormoni, il patriarcato. E per farlo non ci serve “il maschile”. Abbiamo già il femminile che basta e avanza.Queste foto sono di una splendida serata a casa di Natasha Slater a Milano, a cui sono stata invitata da Sandra Nassima, CEO di Depuravita, un’imprenditrice eccezionale che ha saputo creare un business etico, onesto, femminile. Una serata trascorsa a ridere, mangiare, bere e fare rete.Di uomini, non abbiamo parlato. Non ce n’era né il bisogno né la necessità. Perché essere femminista oggi non significa odiare gli uomini, ma lavorare per garantire maggiore equità in un mondo in cui si stima che ci vorranno altri 200 anni* prima che uomini e donne abbiano davvero uguali diritti e opportunità.*solo negli Stati Uniti. Da noi, almeno 400?#dinnerconversations