LASCIA IL POSTO FISSO PER ANDARE A COLTIVARE MELE
Un contesto economico e sociale difficile, e questo è palese, la volontà di rischiare ma anche quella di valorizzare le passioni e di vivere un’avventura particolare. Né abbiamo parlato pochi giorni fa, ora dalla Sicilia ci spostiamo a Smarano in provincia di Trento dove un giovane di ventiquattro anni ha deciso di abbandonare il posto fisso in cui ha prestato servizio per 6anni, per scommettere su questa esperienza imprenditoriale. Una nuova agricoltura sostenibile abbinata al turismo, questi i punti cardine per Gabriele Berti. Molte volte abbiamo sentito dire che la terra richiede sacrifico ed impegno ed altrettante volte abbiamo sentito dire che i giovani sono sfaticati e tendono a scegliere professioni che non richiedano queste due caratteristiche . Ma l’impegno e la volontà di darsi da fare non mancano così nascono nuove sfide da portare avanti.Gabriele con un occhio rivolto alla sostenibilità ambientale e l’altro all’investimento economico è passato dal lavorare alla Melinda alla coltivazione di due ettari di terreno dove ha iniziato coltivando mele. Non mancano le difficoltà, infatti l’anno scorso è stato difficile in quanto questo tipo di frutto, è stato acquistato al produttore a soli 31 centesimi al chilo. Da qui Gabriele ha pensato di differenziare i raccolti, dedicandosi con lo stesso amore alle more, che hanno un costo di vendita ben maggiore, intorno ai 5 euro per chilogrammo. Un campo di more di 3000 metri quadrati in cui i cespugli sono protetti sia dalla pioggia che dalla grandine e dai parassiti. La produzione nel primo anno di attività è andata molto bene nonostante si tratti di un tipo di coltura a cui va dedicata tantissima mano d’opera, soprattutto in fase di raccolta nei mesi di luglio e agosto. Ora, Gabriele si sta muovendo per coltivare anche le ciliegie, in modo da alternare le colture e differenziare sia l’investimento che il ritorno economico. Il ventiquattrenne, che aveva lasciato gli studi all’istituto industriale, è ritornato anche a studiare, seguendo un corso apposito per l’imprenditoria agricola. Molta la fatica, ma molte anche le soddisfazioni, come quella di essere riuscito, in pochissimo tempo, a diventare un punto di riferimento delle cooperative e dei consorzi della zona, cosa che gli permette di guardare al futuro con più tranquillità: ciliegie, prima, e chissà, in seguito anche l’apertura di un piccolo b&b, da poter gestire insieme alla fidanzata Monica, che, come lui, sogna di abbandonare l’ufficio in favore di una vita più autonoma e all’aria aperta. Scelte che richiedono sacrificio indubbiamente, disponibilità ed impegno ma che offrono oltre alla possibilità di vivere all’aria aperta, evitando il grigiore delle quattro mura di un ufficio che rende i giorni tutti monotoni ed uguali, la possibilità di essere autonomi, aspetto da non sottovalutare. La creatività ed i suggerimenti azzerati, uniti a quella insoddisfazione di fondo fanno sì che scelte come questa diventino un vera scelta di vita e non solo una scelta di tipo economico. I dati raccolti dalle statistiche, in Italia, forniscono il quadro di una realtà impietosa. Secondo quanto riportato da Coldiretti emerge la volontà di ben 3 giovani su 4 di lasciare il posto di lavoro che hanno per rifugiarsi in campagna. La quasi totalità dei giovani impiegati nel nostro paese lascerebbero uffici, aziende e fabbriche per dedicarsi a colture, agriturismi e b&b. Sogni e aspirazioni che si realizzano quando qualcuno lo fa davvero. Dovremmo interrogarci fortemente perché questa è la dimostrazione che qualcosa in questo paese, continua a non funzionare come dovrebbe. Se solo guardiamo a ciò che accadeva pochi decenni fa, notiamo che la tendenza era molto differente, si anelava il posto fisso, ritenendolo una garanzia per il futuro. Ora invece a chiudere sono sempre, ed in numero maggiore, proprio le grandi aziende, che di fisso hanno solo la conclusione terribile del rapporto di lavoro con i dipendenti. Dovremmo essere contenti di non assistere a scoramento e lassismo da parte dei giovani, ricordare i rischi in cui molti giovani di allora si sono tuffati, lasciando città native e stili di vita alla ricerca di un futuro migliore. Che non sia semplice è implicito, che non ci si debba arrendere è da audaci, e questo dovrebbe far ritrovare in chi ha vissuto analoghe difficoltà la speranza per un futuro non del tutto perduto, piuttosto che sollevare critiche e tarpare le ali di chi ancora ha volontà di spiccare il suo volo. Ma, si sa, siamo italiani in fondo….
