CILE: DALL’INIZIO DELLA PROTESTA, SONO PIÙ DI 2000 I PRIGIONIERI POLITICI

Più di 100 giorni di manifestazioni. Oltre 2000 prigionieri politici, molti dei quali trasferiti a carceri di massima sicurezza. È il bilancio delle manifestazioni in Cile, dove nei mesi scorsi è scesa in piazza una popolazione stritolata da politiche neoliberiste sempre più disumane, che impediscono ai giovani di accedere all’università (www.alganews.it/2019/11/10/cile-lincubo-dei-prestiti-universitari-alle-origini-della-protesta/) e aumentano le disuguaglianze sociali.A lanciare l’allarme sul mancato rispetto dei diritti umani è la Corporación Parque de la Paz Villa Grimaldi, un centro clandestino di detenzione della dittatura trasformato in luogo di memoria e centro di documentazione (http://villagrimaldi.cl/). In un comunicato si appella allo stato affinché agisca in un contesto democratico e fornisca adeguate e trasparenti informazioni sullo stato dei processi, sulle indagini della magistratura, sui trasferimenti arbitrari degli arrestati a carceri di massima sicurezza per presunti livelli elevatissimi di pericolosità sociale. Un comportamento contrario al rispetto dei diritti umani e che conferma un’azione non imparziale da parte dello Stato, molto blanda al momento di perseguire gli abusi e le violenze commesse dalle forze di polizia (www.alganews.it/2019/10/22/cileni-in-rivolta-chiedono-le-dimissioni-del-presidente-pinera/), ma spropositata nella repressione delle proteste, peraltro pacifiche, dei cittadini. Nelle ultime settimane del 2019, è emerso lo scandalo deiperdigones(www.alganews.it/2019/11/16/cile-lo-scandalo-dei-perdigones-usati-sui-manifestanti/), i pallini sparati al volto dei manifestanti con l’obiettivo non di uccidere, ma di mutilare o rendere invalidi.Secondo le organizzazioni per i diritti umani come Villa Grimaldi, queste violazioni dei diritti umani commesse dallo Stato sono un’eredità della dittatura, di un’impunità che nessun governo eletto in democrazia ha voluto affrontare sul serio. Lo stesso parlamento ha approvato, in nome della sicurezza, leggi ulteriormente repressive che criminalizzano il dissenso, anche quando viene espresso con metodi pacifici.Anche se oggi in Cile l’emergenza è tutt’altro che rientrata, i media internazionali hanno rivolto l’attenzione su altri temi. E anche nei giorni più caldi delle proteste, si sono concentrati per lo più su singoli episodi, spesso di dubbia autenticità, come la morte di Daniela Carrasco, detta “La Mimo”, un’artista di strada con ogni probabilità suicida, sul cui caso era stata montata un’ipotesi didesaparición-stupro-omicidio non corroborata da alcun indizio, ma solo da una narrazione appetitosa e voyeristica. Il tutto, offuscando le ragioni politiche della protesta dei cileni, le loro richieste e la continuità tra il regime di Pinochet e i governi della post-dittatura.