SIAMO TUTTI ARTISTI, A PAROLE

Seguo Sanremo, senza passioni né snobismi. Guardicchio, ascolto qua e là, leggo le interviste. Ma in occasione del Festival rilevo sempre l’uso facile che si fa della parola “artista”. Un uso generalizzato, certo. Ma davvero chiunque canti o balli o suoni è un “artista”? A Sanremo, con tanti esempi concentrati, è evidente che non è così. E perché non basta “cantante”, “ballerino”, “musicista”? D’altra parte, mica chiamiamo “poeti” tutti quelli che scrivono poesie o “intellettuali” tutti quelli che ci pensan su. E se chiamiamo “artista” certi tipi apparsi al Festival, come chiamiamo poi Modigliani o i Beatles o Nureyev, per dire? L’uso allegro e improprio delle parole (anche quelle ad alto impatto valoriale e politico) mi pare uno dei tratti tipici di questa nostra epoca. E non è a costo zero. Spesso contribuisce a farci consumare il superfluo o a farci accettare l’indigeribile. E in ogni caso a me sta gran simpatica Elettra Lamborghini, ecco.