LA NASCOSTA INQUIETUDINE DI LUCIANO ERBA
Luciano Erba (Milano, 1922 – 2010), docente universitario di letteratura francese, autore di saggi, traduzioni e antologie è l’ultimo dei grandi poeti italiani del Novecento. Di sobria ed elegante malinconia ha un linguaggio semplice e trasparente, i suoi versi sembrano pensieri che transitano in un uomo occupato a vivere d’altro come se non lo riguardassero completamente. Al punto da sembrare emotivamente distaccato dalla sua opera nella quale indirizza l’attenzione verso una normalità in apparenza calma e indifferente privilegiando i piccoli dettagli della vita di ogni giorno. Come si può leggere in “Altro risveglio” dove racconta in forma poetica esperienze quotidiane, persone e oggetti collocati in una lontananza, mentre chi li scrive (Luciano Erba) e chi li legge (noi) stanno al di fuori e osservano: Per prima cosa al mattinovedere se la pendola ha tenuto il tempose ha fatto presa la colla sul vecchio librose è sbocciato un tal fiorecontrolli soddisfacentiper avviare le ore. Un distacco che permette non solo una miglior visione, ma anche una difesa dal perturbante. Una misura che nasconde la commozione, segnale di una nascosta angoscia dalla quale Erba non vuole farsi sommergere e “Non approfondire” come dice nel titolo di una sua poesia. Basta leggere l’intensa “Senza risposta” nella quale risalta un senso di solitudine e penetrante mistero per comprendere che ha covato una sua metafisica dentro la quale s’intravede un’inquietudine costantemente in agguato dalla quale cerca di proteggersi: Ti ha portata novembre. Quanti mesidell’anno durerà la dolceamaravicenda di due sguardi, di due voci?Se io avessi una leggenda tutta scrittadirei che questo tempo che ci sfioraci appartiene da sempre. Ma non sonoche un uomo tra mille e centomilama non seiche una donna portata da novembree un mese dona e un altro ci saccheggia.Sei una donnache oggi tiene un naufrago impazientedimmi tusei scoglioo continente?
