CORONAVIRUS, UN ATTILA SILENZIOSO CHE RISCHIA DI PORTARE IN RECESSIONE L’ECONOMIA GLOBALE

CORONAVIRUS, UN ATTILA SILENZIOSO CHE RISCHIA DI PORTARE IN RECESSIONE L’ECONOMIA GLOBALE

Il Fondo Monetario Internazionale dovrà aggiustare il tiro circa le  stime espresse sulla crescita globale a febbraio, l’emergenza coronavirus proietta altre prospettive, tutt’altro che positive: il Pil subirà una flessione non ancora propriamente quantificabile, ma certo inferiore al 3%. E infatti l’OCSE ha già ridotto di mezzo punto le stime di crescita nel pianeta, portando il Pil a +2,4%, lo scorso anno nello stesso periodo era pari a +2,9% (-0,5%). Secondo l’OCSE l’epidemia rappresenta una minaccia senza precedenti. Per l’Italia le previsioni, com’è nella logica della situazione in atto, il Paese nel 2020 avrà crescita 0%. L’Ocse ha tagliato di 0,4 punti la stima espressa a novembre. Le previsioni per il 2021 sono orientate su +0,5%. E tuttavia, secondo i resoconti dei maggiori Organismi economici internazionali, è l’intera economia mondiale a rischio recessione. Secondo le stime dell’Istat, il Pil 2019 è stato rivisto al rialzo per il Paese, la crescita è stata dello 0,3% , lievemente superiore allo 0,2% calcolato in precedenza, e comunque superiore alle stime del Governo, che non andava oltre lo 0,1%. In ogni caso la crescita più bassa dal 2014. Nel corso del G20, che si è svolto una decina di giorni fa in Arabia Saudita, a Riad, la direttrice generale dell’Fmi, Kristalina Giorgieva, ha dichiarato che le stime sulla crescita stanno facendo i conti con l’emergenza sanitaria in atto. In una situazione di estreme incertezza è piuttosto complicato esprimere stime affidabili, il fenomeno coronavirus è in continua evoluzione, i contagi aumentano continuamente nel mondo e coinvolgono nuovi paesi, mentre nelle aree da tempo interessate, i casi nel volgere di un breve periodo, quasi si moltiplicano. Pertanto i forecast sul Pil globale espressi a gennaio dal Fondo, quando in Cina la diffusione del virus era poco più che agli esordi, sono un lontano ricordo, dato che le previsioni erano basate sull’ottimismo, mentre da qualche settimana a questa parte purtroppo gli scenari sono mutati.  Secondo Gergeova il Pil nel primo trimestre 2020 sarebbe passato in linea tendenziale dal 2,9% di gennaio 2019 al 3,3%. Ora sappiamo che non andrà oltre il +2,4%. Eventi catastrofici come un’’infestazione’ a diffusione globale causata dal Covid-19, che hanno piegato un’economia florida come quella cinese, la quale rappresenta circa un terzo del Pil mondiale, e altri Paesi molto produttivi, obbligano a formulare nuove previsioni. Sulla base di altri riferimenti e rendiconti, che presentano un quadro ormai preoccupante per le sorti dell’economia del pianeta. Nel corso del G20 il Fondo Monetario Internazionale, tramite la direttrice Georgieva, ha tagliato le stime del Pil globale di 0,1 punti percentuali, ma lo spettro d’azione del virus, con le sue ripercussioni in ambito economico, vanno ben oltre. Queste previsioni partono dal presupposto che dopo il primo trimestre l’emergenza rientrerà, l’economia cinese riprenderà il suo slancio con passo spedito, e nel corso dell’anno la situazione si normalizzerà. Ma al momento analisti ed economisti devono ragionare secondo il trend in salita dei contagi, fare i conti con questi numeri deleteri per la ripresa del sospirato rientro nella normalità sul piano sanitario. Si procede sulle sabbie mobili dell’incertezza, e comunque le stime sono rivolte verso flessioni in negativo, con lo spettro della recessione sempre in agguato. Rischio recessione per Paesi colpiti duramente dal virus, e rischio in questo versante anche per  la crescita globale. Se si ferma il dragone, si ferma un’importante catena dell’ingranaggio, e le conseguenze non possono essere lievi. Il Fondo ha rivisto al ribasso il Pil della Cina, riducendolo al 5,6%, ma anche qui le prospettive sono ben più serie, e la flessione andrà ben oltre, verosimilmente al di sotto del 5%, e questo colosso com’è noto viaggiava ad oltre il 6% annuo. L’Ocse infatti ha appena tagliato le stime del Pil cinese a 4,9%. Altre economie molto colpite dalla diffusione del virus sono quelle del Giappone e Australia, oltre a quella che riguarda l’Unione Europea. Il report dell’Ocse è molto chiaro in merito alla contrazione dell’economia cinese: “La flessione della produzione in Cina si fa sentire ovunque nel mondo, e ne fa comprendere il ruolo chiave che svolge nelle catene di approvvigionamento globali, nel traffico aereo e nei mercati delle materie prime”. Secondo gli analisti di Crédit Suisse, la crescita globale prevista per l’anno in corso dovrebbe essere dell’ordine del 2,2%. E l’Fmi sostiene che già  un Pil  al 2,5% significa entrare nell’area franosa della recessione per la maggior parte delle economie. I timori per l’Italia sono più che fondati. Questa volta c’è un virus alla guida della crisi economica mondiale,  verso la quale ci si sta dirigendo, non i mutui subprime, che deflagrarono come un ordigno nel 2007/08, il cui ‘contagio’ creò un tale impatto da portare conseguenze serie a livello globale per diversi anni. Ora tuttavia non ci saranno le banche centrali a portare ossigeno sulla strada dissestata della ripresa, con la loro politica monetaria espansiva e l’immissione di liquidità nel sistema. Gli interventi di accomodamento monetario si sono resi necessari, a suo tempo, per rinvigorire la domanda; attualmente c’è una condizione di stallo nell’ambito della produzione industriale, perché questo versante dell’economia è stato colpito duramente nelle aree che hanno fortemente subito l’assalto del virus, obbligando molte industrie a bloccare la produzione. Pertanto, secondo un’analisi pubblicata sul quotidiano Repubblica, è l’offerta che deve essere rimessa in moto, e si potrà agire in tal senso allorché vi saranno i presupposti per una ripartenza senza panico di contagi, e dunque quando l’epidemia chiuderà questi maledetti cancelli che hanno creato una sorta d’interdizione alla normale attività umana, con tutto il suo carico di contingenze. In Italia la migliore area produttiva del Paese, il Nord, in parte è stata bloccata dall’emergenza coronavirus. Se si pensa che anche l’industria in Germania ne risentirà fortemente, dati i collegamenti con l’Italia nella produzione di macchinari e sistemi di assemblaggi, si può facilmente comprendere che le implicazioni sono tante. Come lo è per le Case automobilistiche europee, lo è anche per multinazionali come Apple, Hyundai, General Motors: l’arresto del processo produttivo in zone chiave per l’economia cinese, sta creando un effetto a catena che per ovvie ragioni crea ripercussioni ad ampio spettro in quella globale. Difficile al momento quantificare in termini numerici il danno prodotto da questo Attila invisibile, un piccolo microrganismo che, dopo avere esatto le sue vittime – che è poi la realtà più seria di tutto questo deleterio quadro – ha fatto terra bruciata in ambito economico, in aree produttive importanti del pianeta. Ha assaltato i mercati portandovi il panico e lo sconquasso, bruciando miliardi ogni giorno, e rendendo arduo il clima delle contrattazioni. Un bilancio si potrà fare solo alla fine della corsa forsennata di questo nemico invisibile, ma tanto potente da rischiare di mettere in ginocchio l’umanità.