TOTO’ PASQUALE E LA POLITICA DELLO STRUZZO
Ricordo una scenetta esilarante diTotòin un programma televisivo di tanti anni fa.Interpretava un personaggio che veniva preso a schiaffi da uno che si ostinava a chiamarlo Pasquale.Una sberla, un’altra e un’altra ancora. Un crescendo di sonori manrovesci a cui non sapeva sottrarsi.“E tu che hai fatto”?gli chiedeva l’amico incredulo che ascoltava il racconto. “E che dovevo fare, mica mi chiamo Pasquale io!”.Già non si chiamava Pasquale lui, ma siè beccato ugualmente gli sganassoni al posto suo. Questo non-Pasquale l’ho rivisto in altre vesti e in altri luoghi.Prima in Abruzzo, ieri in Sardegna. Continua a prendere schiaffi e non se cura perché lui non è Pasquale. Continua a sostenere che le amministrative sono altro dalle politiche, che non si devono confondere le mele con le pere. Brutta cosa ostinarsi a non voler vedere la realtà. Soprattutto quando, a parti inverse, le amministrative di Roma Torino e Livorno furono salutate come un cambiamento rivoluzionario in atto. Cambiamento che si concretizzò il 4 marzo. Vero, le amministrative sono altro dalle politiche.Ma ne sono lo specchio e le conseguenze dell’operato di governo.Basta vedere l’ascesa dell’uno e la caduta inesorabile dell’altro. A torto o a ragione è così. Negarlo significa fare come lo struzzo. E ancora più realisticamente significa fare la fine di chi l’ha preceduto che a furia di credere che andava tutto bene è scomparso dai radar della politica.Quanti schiaffi dovrà prendere prima di capire che Pasquale è lui?
