GLI ADOLESCENTI PIÙ DI TUTTI SI SENTONO SOLI
Agli adulti sembra di avere le giornate più piene di prima. Mentre gli anziani, proprio la generazione che se ne sta andando – memorie storiche, leggende di paesi, saggi maestri e vecchi impareggiabili leoni – mostrano paura, ma anche fiducia a livelli altissimi.****Milano ai tempi del coronavirus è una città disorientata, triste, preoccupata, ma anche molto fiduciosa. Due ricercatori italiani del Center for Design della Northeastern university di Boston, Sara Colombo e Paolo Ciuccarelli, hanno coordinato a tempo di record una ricerca intervistando 1.100 lombardi, in gran parte milanesi, tra i 14 e i 70 anni, e sono riusciti a coinvolgere collaboratori anche a Londra, Milano e San Francisco.La squadra ha creato la piattaforma Designforemergency.com ed è partita dall’analisi degli stati d’animo prevalenti: tra i ragazzi noia, solitudine e attesa per la fine della quarantena; tra gli adulti ansia, paura, disorientamento.Gli adolescenti si sono trovati da un giorno all’altro con il mondo stravolto, il divieto di uscire, inizialmente nessuna forma di didattica a distanza e il telefonino come unico strumento per rimanere agganciati agli amici. A sorpresa hanno presto capito la gravità della situazione e accettato di buon grado le regole imposte.Mentre la fascia tra i 25 e i 30 anni è l’unica in cui lo sconforto pesa più della speranza, gli adolescenti e i più anziani mostrano una certa dose di ottimismo, notano ancora i ricercatori.Gli adulti, di contro, oscillano tra confusione, sbigottimento e ansia, con qualche iniziale resistenza ad accettare le norme che hanno man mano limitato la libertà di movimento nel disperato tentativo di contenere il contagio e la pandemia.Le paure sono essenzialmente legate al futuro (proprio o dei figli) e alla perdita del lavoro, mentre i problemi sono su tre piani: la difficoltà di reperire beni di prima necessità (di tipo sanitario, come le mascherine, e di tipo alimentare), di ricevere informazioni affidabili e credibili su quello che accade e di trovare una nuova routine quotidiana.Ma interessante è soprattutto l’evoluzione dei dati nell’arco della settimana di analisi al 20 marzo – man mano che i decreti si facevano sempre più severi e la percezione del pericolo diventava più presente.Gli adolescenti al giorno uno (inizio) si sentivano più soli, ad esempio, ma mostrano una eccezionale capacità di adattamento: già dopo qualche giorno di quarantena paiono aver imparato a gestirsi meglio e il senso di solitudine cala, forse anche grazie alla tecnologia che entra prepotentemente con chat multiple e «homeparty» a distanza, alle serie tv che intrattengono, a simboli potenti che danno il senso di comunità (come i flashmob e le bandiere dell’Italia sui balconi). Aumentano però nel tempo la noia e la tristezza, mentre per gli adulti il discorso pare speculare: all’inizio completamente spaesati, con il problema dell’accaparramento di beni come primissima preoccupazione, persino più che badare agli anziani e ai figli, poi con le giornate fin troppo piene. L’ansia sale con la consapevolezza del dramma sanitario, e aumenta anche la stanchezza.L’impressione è di lavorare più da casa che in ufficio, dicono molti intervistati, forse per la poca abitudine allo smart working. Man mano che passano i giorni i milanesi provano ad organizzare meglio il loro tempo con ottimo spirito di servizio, anche in chiave di aiuto verso chi è in prima linea.Ci sono segnali a tutti i livelli e anche questi fanno parte della narrazione della città, non solo la tristezza: aziende che si convertono in pochissimo tempo per iniziare a produrre mascherine, volontari che ce la mettono tutta per sostenere le istituzioni e garantire cibo ai senzatetto e alloggi gratuiti al personale sanitario, o ancora gli ottomila medici che hanno risposto al bando per aiutare le aree lombarde più colpite dal Covid-19. Dice Ciuccarelli: «La carica di progettualità è impressionante e molto positiva, a Milano sembrerebbe ancora più potente che altrove». Colpiscono anche l’empatia verso il personale ospedaliero e l’alta percentuale della fiducia tra le emozioni più citate, aggiunge Colombo: «Questo dato dice molto sulla forza dei milanesi». L’Italia uscirà per prima in Europa da questa crisi, e insegnerà agli altri Paesi come fare. ps la foto è di andrea, qui taggato !
