BANKITALIA. NUOVE RIFORME PER MIGLIORARE LA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE
Lo afferma il Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, intervenendo al Convegno svoltosi all’Università di Modena nei giorni scorsi, nel Dipartimento di Economia Marco Biagi. I temi trattati sono quelli che riguardano la gestione delle crisi bancarie, le prospettive e i cambiamenti possibili in questo ambito. Argomenti peraltro più volte ripresi dalla Bce e dall’Ue, per ovvie ragioni, dato che il sistema finanziario e la solidità delle banche, in particolare per l’Eurosistema, rivestono un’importanza fondamentale per l’economia dei Paesi membri. Barbagallo nel suo intervento va subito al centro del tema trattato nel Convegno, ed esordisce introducendo così l’analisi sugli aspetti finanziari del settore bancario: “In un settore fortemente regolamentato come quello finanziario, il contenuto e l’incisività delle regole giocano un ruolo fondamentale nell’influenzare le strategie degli intermediari e le modalità di finanziamento dell’economia, contribuendo a prevenire – ovvero, se inadeguate, a favorire – l’insorgere di crisi finanziarie. Il titolo del presente convegno suggerisce di guardare alle regole introdotte nell’ultimo decennio in risposta alla “crisi finanziaria globale”, nata negli Stati Uniti nel biennio 2007-2008. Dieci anni sono un arco temporale sufficiente per formulare una prima valutazione e trarre alcuni insegnamenti.” Le nuove regole imposte in seguito alla cosiddetta crisi dei subprime, secondo Carmelo Barbagallo, si sono rese necessarie in quanto la crisi finanziaria globale che ne è scaturita, e che ha portato i Paesi Occidentali verso una fase economica recessiva, in parte trova origine sul processo di deregolamentazione e scarso controllo, che ha poi determinato negli Usa “modalità operative di trasferimento del rischio”. Per questo, in seguito a questa batosta, forse la peggiore crisi finanziaria dell’Occidente dopo quella del ’29, si è reso necessario intervenire sistematicamente con riforme radicali adeguate, al fine di prevenire shock di questa portata in futuro. Tali scelte, secondo le analisi del Responsabile della Vigilanza bancaria, hanno trovato input significativi nel corso dei G7/G20, nonché dal Financial Stability Board2, che hanno stabilito le basi di un intervento che prevedesse linee di riforma e misure in grado di permettere alle Banche, che erogavano mutui, di trasferirli a terzi (mediante titoli di finanza strutturata, tossici..), affinché l’istituto di credito potesse recuperare in tempi rapidi il denaro offerto in prestito. I fondi recuperati si impiegavano tuttavia seguendo criteri non abbastanza prudenziali, e da questi terreni franosi sono poi maturate situazioni di rischio per tanti Istituti di credito, non di rado finiti in default. Il salvataggio di tante banche nel decennio che è seguito alla crisi del 2007, non è un fenomeno che ha riguardato solo gli istituti bancari in crisi in Italia, ha coinvolto Paesi dell’area euro ben più forti sul piano economico, come la Germania, per esempio, e basterebbe riflettere alle vicende di Deutsche Bank per capire che i cicloni finanziari spesso colpiscono anche bersagli che si credevano invulnerabili. In seguito a questo sisma finanziario, sostiene Barbagallo, il sistema delle regole è sostanzialmente cambiato. Si sono rafforzati i requisiti prudenziali e innalzata la qualità del capitale, c’è una nuova normativa che stabilisce i limiti operativi. A questo si aggiunge il sostegno delle autorità di vigilanza, che in area euro esercita controlli più capillari, molte competenze sui controlli sono infatti gestite in ambito europeo. Pertanto c’è stata una sorta di rivoluzione nel sistema di gestione delle crisi, con il fine di gravare il meno possibile in termini di interventi di salvataggio, sullo Stato. Il primo cambiamento importante in Europa risale alla fine del 2010, e riguarda l’accordo di Basilea, con il ‘Capital Requirements Regulation’, un Regolamento che stabilisce i requisiti patrimoniali. Attraverso questi provvedimenti di controllo le misure di vigilanza sono diventate più rigorose. Si richiede l’innalzamento del livello e il controllo della solidità del capitale, si controlla con regole opportune la liquidità, e soprattutto si mira a limitare i rischi, incrementando anche il livello delle sanzioni per gli istituti che contravvengono al regolamento. Per quel che riguarda le difficoltà nella gestione delle crisi bancarie, Barbagallo fa notare in una nota del suo intervento che: “In Italia il ruolo centrale del settore bancario, come canale di finanziamento delle imprese, trova riscontro nei dati riferiti all’intero “sistema-imprese”. Nel 2017 la quota dei debiti bancari delle imprese italiane sul totale delle passività è scesa al 19% (rispetto al 25% del 2011), ma rimane di circa sei punti percentuali più elevata rispetto alla media dell’area dell’euro.” Secondo il responsabile della Vigilanza di Bankitalia, il bail-in il primo gennaio del 2016 (ritenuto ben più ampio del burden sharing, o ripartizione del rischio) è entrato in vigore in tempi ancora non sufficientemente maturi, poiché è venuto meno il presupposto sul suo funzionamento. Si rimanda all’istituzione da parte degli istituti di credito di dotazioni di passività in grado di essere sottoposte a riduzione o conversione di nuovo capitale, nell’ambito della procedura di risoluzione (MREL). OssiaMinimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities, che è un requisito introdotto dalla Direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD). Il fine è quello di garantire il buon funzionamento del bail-in, in quanto potenzia le capacità di assorbimento delle perdite degli istituti di credito. Dotazione, spiega il rappresentante di Bankitalia, ‘preferibilmente detenute da investitori professionali, che siano consapevoli delle possibili conseguenze in caso di dissesto’. Se viene meno questa condizione, conclude, il bail-in è praticamente inapplicabile, e rischia anzi di insidiare la fiducia nelle banche, creando le premesse per una condizione d’instabilità.
